Cronaca

Spring Awakening: intervista a Vincenzo Leone

Spring Awakening vanta un cast molto giovane di cui fa parte Vincenzo Leone, un attore classe 1990, ma con un’invidiabile esperienza alle spalle. Dopo essersi diplomato all’MTS di Milano, ha lavorato nelle produzioni del Teatro Sistina di Roma e al musical “La fattoria degli animali”, regia di Tommaso Paolucci e ora ha raggiunto l’ambiziosa produzione di Spring. In occasione di questa importante avventura noi di SenzaBarcode lo abbiamo intervistato.

vincenzo leonePartiamo dal tuo personaggio. Georg è un ragazzo alle prese con la propria particolare perversione, talmente forte da spingerlo ad un lungo monologo interiore. E’ stato difficile per te indossare i panni di un personaggio così inusuale?

Il personaggio di Georg rappresenta nello specifico quella fetta di adolescenti alle prese con i segnali, con gli stimoli e gli impulsi che il corpo manda senza avvertimento alcuno. La perversione può spesso indicare comportamenti non corrispondenti al senso comune atti ad eludere la ‘’normalità’’… Dopo questo wikipedioso gioco di parole posso affermare di essere fiero di poter rappresentare davanti (spero) a migliaia di ragazzi e non una normale e tenera fragilità che dovrebbe far riflettere. Spring awakening mi ha dato l’occasione di ripercorrere momenti della mia adolescenza spesso tralasciati con innocua ed innocente superficialità potendo capire a fondo cosa vuol dire scoprire il sesso e i suoi tranelli. Georg è ossessionato dalla sua insegnate di pianoforte e dal suo seno, dalle sue curve, vorrebbe stringerla, vorrebbe capire cosa significa toccare il seno di una donna e nel mio caso ho preferito focalizzare tutte le frustrazioni e le tensioni nelle mani, strumenti fondamentali. Dalle mani possono partire tante spesso troppe cose e con le mani si ferisce, si cura, si da la vita o la si toglie. Una volta focalizzatomi su questo aspetto fisico sono riuscito a scovare tutto il resto, aprendomi un mondo meraviglioso. Nella canzone touch me Georg abbatte ogni tipo di infrastruttura e barriera dando vita ad un vero e proprio monologo interiore, uno dei momenti che preferisco.

Spring non è uno spettacolo ma una continua occasione di raccontare e fortunatamente anche raccontarsi.

Nel mettere in scena la parte di Georg hai dovuto collaborare con Francesca Gamba, che interpreta l’insegnante di pianoforte. Com’è stato l’impatto con un’attrice con così tanta esperienza come Francesca?

Francesca è stata accomodante fin da subito e non ho trovato alcun tipo di resistenza, il lavoro con lei è stato divertente e avvincente. La scena con Francesca è uno dei momenti frizzanti dello spettacolo, dove Georg finalmente riesce, solo nella sua immaginazione, a toccare il seno dell’insegante. Per forza di cose la mano e la situazione sono vere e abbattere l’imbarazzo è stato un gioco da ragazzi. L’esperienza può essere un fattore da cui attingere e imparare sia in scena sia nella vita, un espediente per migliorare e correggere quegli atteggiamenti dettati appunto dall’inesperienza. Essere una spugna in teatro ti mette nella condizione di assorbire il meglio da tutti ma ciò non preclude la possibilità di introiettare atteggiamenti negativi e sbagliati. Francesca in questo senso è stata un’ottima ‘’insegnante’’.

La tua canzone di riferimento nell’opera è “touch me”. Che differenza si prova a cantarla, in scena, con l’orchestra dal vivo? E per il pubblico, che sensazioni può suscitare?

Touch me, toccami, uno dei pilastri dell’opera. La magia di questo testo è racchiusa nelle piccole cose, nello scoppiettare dei fonemi che in lingua originale restituiscono (a mio avvio) la sensazione delle scintille. Questo brano è pura elettricità, ha un profumo tutto suo, brilla di luce propria. Incastrare il pubblico con questo brano può essere un procedimento immediato ma anche molto complicato. Touch me è una vera e propria esplosione, parte piano, cresce e poi ancora un climax che da modo allo spettatore di assaporare la dolcezza del quasi silenzio, come un vero e proprio amplesso. Sono un ragazzo fortunato (come canta Lorenzo) perché ho la possibilità di raccontare, di vivere qualcosa per qualcun altro. L’orchestra è il cuore, pulsa alle mie spalle, ora come ora farei molta fatica a non poterla vivere sul palcoscenico e credo sarebbe lo stesso per il resto del cast, parliamo di più cuori, di più sensazioni e il mescolarsi di emotività rende quell’atmosfera una delle cose più belle ed emozionanti che io abbia mai vissuto prima d’ora.

Alcuni temi trattati da Spring sono di sicura attualità, basti pensare all’omosessualità e ai maltrattamenti nei confronti delle donne, temi vivi anche in politica. Credi che uno spettacolo come Spring possa assumere un ruolo di denuncia e suscitare nel pubblico le dovute riflessioni?

La pièce teatrale scritta non troppo tempo fa narra di problematiche che tuttora lacerano identità e sensibilità di molti, troppi individui. Sarebbe opportuno sensibilizzare le nuove e le ‘’vecchie’’ generazioni, per vivere meglio e quale occasione migliore di un testo teatrale, cantandolo, urlandolo. Palesare determinati argomenti mostrandone le vicende assieme alla tenerezza o la crudezza, aiuta a comprendere quanto sia spesso difficile vivere con la costante paura di non essere ascoltati e compresi. Violenza sui minori e omofobia sono solo la punta di un iceberg che galleggia indisturbato in questa corrotta società priva di opportunità e ahimè speranze. Venire a teatro contribuisce a denunciare questo schifo.

E dentro te, che riflessioni ha suscitato? Come ti ha cambiato Spring?

Spring è uno spettacolo che (come mi disse un mio insegnante di danza) ti cambia la vita. Non ci sono molte occasioni per vivere così a fondo il teatro musicale, e questa è un’affermazione che estendo specialmente al musical in Italia. La prima controindicazione, se così vogliamo chiamarla, è stata l’overdose di empatia, troppo trascinante, troppo ambigua per meritare immediatamente fiducia. La sensazione durante il lavoro è stata quella dell’immersione in mare aperto, nel totale silenzio, fuori dai rumori del mondo e abbandonato alla mia intima propriocezione. Mi sono ritrovato, ho scoperto lati del mio carattere che non conoscevo e grazie a dei meravigliosi compagni di viaggio ho superato delle paure, mettendo da parte l’insicurezza e tuffandomi in un mondo che richiede coraggio e tenacia. Cosa farò poi, dove andrò, parole ricorrenti nei testi delle canzoni ma pane quotidiano per migliaia di persone non solo giovani o prossimi a esserlo. Emozioni su emozioni, colori su colori e spero possa essere lo stesso per il pubblico.

Quando hai letto il contenuto dell’opera, cosa ne hai pensato? La conoscevi già o hai incontrato per la prima volta il riadattamento italiano? 

Il destino, strano ma spesso e volentieri precursore mi portò nel 2008 ad affrontare un bellissimo stage su questo nuovo musical vincitore di ben otto Tony Awards. Il titolo era Spring Awakening, le canzoni erano meravigliose e il testo più vero che mai. Inutile dire che fu amore a prima vista, ironia della sorte, magia, ben cinque anni dopo eccomi qui a far parte del primo, ufficiale, cast italiano. Conoscevo il testo ma ciò non significava che io giocassi in casa, gli approfondimenti hanno si fatto chiarezza e consacrato il mio innamoramento per l’opera ma poter vivere anche da non protagonista il lavoro mi ha fatto cresce sia come professionista che come individuo.

Come sei entrato a far parte del cast e che tipo di rapporto hai instaurato con i tuoi colleghi?

Ho saputo dell’audizione tramite un mio amico e collega di Accademia, Andrea Simonetti, che nell’opera interpreta Ernst Robel. La prima audizione è stata divertente, la produzione amichevole assieme alle figure di riferimento disponibili a rendere un comune ambiente di audizione privo di tensione. Dopo la prima scrematura abbiamo affrontato ben tre call back/workshop, ognuno diverso dall’altro e grazie a questi incontri ho avuto modo di conoscere delle persone fantastiche, performer formidabili, alcuni di questi adesso miei cari amici. L’empatia all’interno di Spring è tutto, senza di quella lo spettacolo non avrebbe luogo e il cast si limiterebbe ad eseguire piccoli ed insulsi esercizi di stile. Sono contento del cast e dei miei compagni di avventura.

Parliamo della tua carriera. Come giudichi il percorso che hai seguito finora? E dopo Spring, che direzione credi prenderà?

Questo lavoro è una continua sorpresa, soddisfatto di essere qui, ora, nei maggiori teatri italiani e questo spero sia di buon auspicio per i lavori che verranno. Partire per Milano a diciotto anni da una città purtroppo priva di opportunità come Salerno mi ha dato la forza di credere negli atti di coraggio che tutti i giorni mi spingono a chiedere sempre di più. Chi si accontenta è perduto, chi si ferma è perduto ed io non voglio fermarmi qui, voglio provare, credere e sperare in questo paese, lottare per il futuro e non dover dire a un certo punto ‘’vado via’’ per cercare altro. Questo è uno dei mestieri più belli al mondo, rischioso ma oggigiorno cosa non lo è, tanto vale lottare per qualcosa che mi piace, che mi fa stare bene. Ringrazio la mia famiglia, il mio primo e vero fan club. Senza di loro forse non sarei qui. Mia madre mi ha sempre detto, credi, perché ne vale la pena, credere fa bene, ti solletica l’ingegno.

Grazie mamma.

Intanto io parto per questa tournee… merda merda merda..

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