Terra dei fuochi: dove lo Stato non vede, la gente muore
Il termine Terra dei fuochi è stato utilizzato per la prima volta da Legambiente nel rapporto ecomafia del 2003. Le province coinvolte sono quelle tra Napoli e Caserta e il termine è stato scelto per evocare nella memoria di chiunque, i roghi derivanti dai rifiuti -tossici e abusivi- che avvelenano letteralmente la zona. Ogni giorno, ogni ora, nell’aria si levano colonnine di fumo nero come la pece, l’aria diventa velocemente irrespirabile e la gente è costretta a vivere murata in casa. I bambini non possono giocare in cortile e chi è impossibilitato a rimanere al chiuso, e quindi obbligato a respirare le esalazioni provenienti dai roghi, accusa immediatamente bruciore alla gola, lacrimazione agli occhi e difficoltà a respirare.
Dal 1991 a oggi sono state smistate tra Napoli e Caserta ben 10 milioni di tonnellate di rifiuti illegali e pericolosi.
Il pentito Carmine Schiavone già nel 1997 aveva ben definito la tragica situazione in cui versava la Terra dei fuochi. Dichiarazioni mantenute segrete fino a qualche mese fa, quando l’onda di cittadini – morti che cammino- residenti in questa zona maledetta, non ha smesso di lamentarsi solo a livello locale ma ha preteso che lo Stato iniziasse a rendere conto di un sistema che per anni ha portato le aziende del Nord Italia a servirsi della Campania -e di molte altre regioni del sud- come discarica abusiva.
Il tenace lavoro della magistratura ha portato alla scoperta, dopo venti lunghi anni di inchieste, un’osmosi tra stato, mafia e pubbliche amministrazioni. Tutti sapevano, ma nessuno si preoccupava di salvare chi nei comuni di Qualiano, Giuliano in Campania, Orta di Atella, Caivano, Acella, Nola, Marcianise, Succivo, Frattaminore, Frattamaggiore, Mondragone, Castelvolturno e Melito di Napoli ogni giorno metteva a rischio la propria vita, costruiva case, orti e metteva al mondo bambini.
L’Istituto Nazionale per i tumori “Pascale” di Napoli ha pubblicato solo agli inizi di novembre 2013 i dati della ricerca effettuata tra i comuni facenti parte della Terra dei Fuochi. I dati sono allarmanti e fanno realmente paura. A differenza del resto dell’Italia, che nell’ultimo ventennio ha visto rimanere stabili quasi ovunque i dati relativi ai decessi provocati dai tumori – nel Nord Italia si parla addirittura di diminuzione degli stessi- i comuni compresi tra Napoli e Caserta hanno visto un incremento di persone morte a causa di un tumore, pari al 47% tra gli uomini e il 40% tra le donne.
Possiamo quindi apertamente parlare di biocidio vero e proprio. Di una fetta di popolazione che vede almeno un caro morire, ammalarsi, subire una situazione voluta dalla mafia, dagli imprenditori conniventi e soggiaciuta dallo stato.
La Campania attualmente deve fare i conti anche con l’abbattimento delle esportazioni agroalimentari. Nessuno, né in Italia, né all’estero, acquista più prodotti provenienti dalla regione, a prescindere che questi giungano o meno della zona inquinata ed incriminata. Gli agricoltori campani che per anni hanno denunciato la situazione di illegalità collegata al problema dei rifiuti, e che da sempre lo stato sordo ha ignorato, ora vedono la fetta più grande dell’economia regionale andare in frantumi. Le istituzioni permettono infatti che la paura e l’ignoranza prevalgano su sistemi di controllo qualità serissimi e quotidiani.
La Campania non è l’unica zona ad ospitare una Terra dei Fuochi. Il meridione è pieno di zone utilizzate come pattumiera del Nord Italia e del Nord Europa. Cercheremo un po’ per volta di parlare e dar voce a tutte le altre località che subiscono questo connubio stato- imprenditori- mafia, vivendo – anzi, morendo- nel e del silenzio delle istituzioni.
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precisazione: gli aumenti dei decessi per tumore sono aumentati soprattutto, ma non SOLO nella terra dei fuochi. Ringrazio gli amministratori di Briganti per la puntualizzazione.