Omofobia: ventunenne si lancia nel vuoto a Roma, che fine ha fatto il decreto?
L’ennesima tragedia causata dalla presenza di un’omofobia strisciante e profondamente radicata nella nostra società si è consumata nella notte tra sabato e domenica, quando un ragazzo di 21 anni ha deciso di lanciarsi nel vuoto. E’ accaduto a Roma in un palazzo sulla Casilina e nel borsello rinvenuto addosso al cadavere è stato ritrovato il biglietto contenente le ultime parole del giovane, una forte invettiva contro gli omofobi che ne hanno frustrato la voglia di vivere: “Sono gay. L’Italia è un Paese libero ma esiste l’omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza”.
E mentre gli inquirenti stanno indagando sui momenti antecedenti all’estremo gesto, per poterne confermare i motivi ed eventualmente aprire un’inchiesta sull’istigazione al suicidio, esplode nuovamente l’indignazione del popolo LGBT.
Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, dichiara che i contatti annuali ricevuti dalla linea “Gay Help Line” sono ben 20 mila e di questi il 10% afferma di aver pensato almeno una volta al suicidio. Infine, l’immancabile attacco alle istituzioni, con l’appello a che venga al più presto approvata una legge contro i tanti comportamenti omofobi che vulnerano la quotidianità.
La stessa invettiva proviene anche da Francesco Grillini, presidente Gaynet e Aurelio Mancuso, presidente Equality; appelli raccolti da Maria Cecilia Guerra, viceministro al Lavoro con delega alle Pari Opportunità, che dichiara che tutti abbiamo una responsabilità in fatti come questi e che il suo ministero ha intrapreso la strada giusta, con iniziative atte a sensibilizzare scuola, istituzioni, mass-media e non solo.
Ma che fine ha fatto il Decreto sull’Omofobia?
Dopo le pesanti critiche ricevuto al momento dell’emanazione, il decreto ha raggiunto il Parlamento dove è stato esaminato dalla Camera e da questa approvato lo scorso 19 settembre. Nonostante il placet di un ramo dell’assemblea non si sono comunque sedate le polemiche, anzi, il voto sugli emendamenti non ha fatto altro che acutizzarle ancora di più. Le critiche più accese sono piovute sul sub-emendamento proposto da Gregorio Gitti (Sc) che andava a confluire nel più felice emendamento di Walter Verini (Pd). Mentre la modifica proposta da Verini contiene la previsione di estendere l’aggravante prevista nella legge Mancino anche all’omofobia e transfobia, aggravando appunto i reati compiuti con questi comportamenti, l’aggiunta di Gitti contiene un cosiddetto “salvacondotto” non solo per il clero, ma anche per partiti politici ed associazioni, prevedendo l’esclusione dall’aggravante per le opinioni “assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione e di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni.”
Sinistra Ecologia e Libertà, rappresentanze Gay e MoVimento Cinque Stelle hanno subito gridato allo scandalo, bollando questa modifica come fascista, liberticida ed intollerabile e auspicando la sua eliminazione in sede di discussione al Senato. In particolare i deputati pentastellati hanno inscenato una singolare protesta al termine del voto sull’emendamento, consistente in un bacio diretto al proprio vicino in assemblea, anche e sopratutto tra vicini dello stesso sesso.
Il popolo LGBT ha invece deciso di manifestare nella notte di domani, lungo la Gay Street di Roma, non solo per sollecitare il Parlamento ad approvare definitivamente il decreto, ma anche per auspicarne una rivistazione in chiave più garantista per le lesbiche, i gay, gli omosessuali, i bisessuali ed i transessuali.