Politica

Rosy Bindi presidente della commissione antimafia, tante polemiche e la solita bagarre

La nomina a presidente della commissione bicamerale antimafia della deputata Rosy Bindi ha scatenato dure polemiche da parte del Pdl.

Rosy BindiNella giornata di ieri le larghe intese ci hanno consegnato l’ennesima paralisi istituzionale, con una delle tante campali dimostrazioni di dissenso che hanno contraddistinto questa legislatura. Il ruolo degli scontenti spetta questa volta al Popolo delle Libertà ed il campo di battaglia è rappresentato dalla commissione bicamerale antimafia. Pietra dello scandalo è l’elezione a presidente della deputata Rosy Bindi, rea di costituire una nomina imposta con la forza dei numeri dallo stesso Pd. Forza derivata direttamente dalla composizione della Commissione, che a detta della legge istitutiva (la n°509 del 1996) è formata in modo da rispettare proporzionalmente la composizione dei gruppi parlamentari, con la presenza obbligatoria di almeno un membro per gruppo. Questo tipo di proporzione ha disegnato una commissione antimafia che su 50 membri totali comprende 20 poltrone del Pd e 12 del Pdl. La netta maggioranza, dunque, di membri del Partito Democratico ha condotto quasi automaticamente alla nomina della Bindi, giunta nonostante tutto al termine di un ballottaggio con Luigi Gaetti (M5s), conclusosi con la vittoria della deputata per 25 voti a 6.

Il primo segnale del dissenso dei membri del Popolo delle Libertà è stato registrato proprio al momento del ballottaggio, con l’espressa dichiarazione di non prendere parte alle votazioni. Ma non solo: “la delegazione del Popolo della libertà in caso di elezione di un presidente nella seduta odierna, non parteciperà ai lavori della Commissione per l’intera legislatura, denunciando con questo atto l’irresponsabilità del Pd ed affermando la necessità di avere alla presidenza di una commissione così importante una personalità condivisa dall’insieme delle forze politiche”; queste le parole con cui Brunetta e Schifani accolgono la seduta.

Mancanza di una personalità condivisa, questo è dunque il nodo del dibattito, il pretesto per l’ennesima battaglia tra i due poli del governo; quasi come se dall’inizio di questa legislatura sia andata avanti una lunga partita a scacchi, dove ogni mossa mira alla conquista di una poltrona istituzionale. E’ andata così per il Ministero dell’Interno, quello della Giustizia, per la commissione bicamerale sulle riforme costituzionali, il Copasir e non solo. E come in questo caso, il Pdl non ha perso l’occasione per mettere in atto forti prese di posizione, nette dichiarazioni d’intenti che come effetto non hanno avuto altro se non quello di paralizzare ulteriormente l’attività di governo. Così mentre la Bindi attente che il Popolo delle libertà nomini il proprio capogruppo nella commissione per iniziare formalmente i lavori (che avrebbero dovuto prendere il via più di 7 mesi fa), la richiesta di Brunetta e Schifani è che il neo-presidente rassegni il prima possibile le dimissioni, pena dunque la mancata collaborazione per la durata di tutta la legislatura.

“Non riesco davvero a comprendere l’atteggiamento del Pdl. Non me lo spiego. Ora parlerò con ognuno dei 12 membri Pdl della commissione per chiarire e cercare di ricucire lo strappo. La commissione c’è, è operativa e deve partire.” Queste le parole della Bindi, che prosegue “Che l’Antimafia dovesse andare al Pd, mi pare fosse pacifico. Non abbiamo l’Interno, non abbiamo la Giustizia, al Copasir c’è un leghista… Quindi non mi spiego questa reazione del Pdl. Quanto al mio nome si sapeva sin dall’inizio della legislatura”

Così mentre l’ennesima, lunga giornata di contrattazioni e compromessi prende il via, un’organo importante e rappresentativo come la commissione bicamerale antimafia continua a rimanere bloccato, ostaggio di larghe intese sempre più sottili.

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