Gramsci Park, da una cella al Bronx
Nel cuore del Bronx, grazie a un artista svizzero, l’eccentrico Thomas Hirschhorn, nasce il Gramsci Park.
Il luogo dove fino a qualche anno fa la polizia entrava solo con le armi impugnate per arrestare gli spacciatori di crack, dal primo luglio e per due mesi e mezzo, ospiterà il condominio di Gramsci, una struttura mobile in legno, plexiglas e nastro adesivo in cui si terranno eventi culturali di vario tipo e che al termine di questo periodo, una volta smantellata, verrà donata al residente del quartiere che risulterà essere il fortunato vincitore di una specie di lotteria locale.
L’artista svizzero ha scelto di dedicare la sua opera a Gramsci per vari motivi. Innanzitutto per l’amore verso gli oppressi, in secondo luogo perchè Hirschhorn, proprio come il nostro Antonio, crede fermamente che tutti gli uomini possano migliorare la loro vita se messi in possibilità di acculturarsi e informarsi.
Gramsci, fin dagli anni dell’adolescenza e delle lotte studentesche di Cagliari, sosteneva le battaglie per l’affermazione del libero pensiero.
I ragazzi del Bronx che si impegnano a dipingere murales con il volto del comunista italiano dicono a chi chiede se sanno chi è l’uomo che stanno dipingendo: ” un filosofo italiano morto in cella“. In un luogo come l’America l’idea che un uomo, per le sue idee, sia stato imprigionato e abbia trascorso gli ultimi giorni della sua vita in una “cella” , è visto giustamente con onore e rispetto.
L’obiettivo dell’artista non è quello di far brillare la sua opera, avrebbe scelto Manhattan altrimenti, ma di smuovere le coscienze, di creare nei giovani del quartiere la voglia di andare a ricercare le opere, le parole di Antonio Gramsci. Spera che ognuno di loro possa scoprire che “tutti gli uomini sono intellettuali“, che ogni giovane del Bronx possa riflettere sulle frasi e sulle massime appese alle pareti del Condominio Gramsci.
In un quartiere in cui la violenza è ancora presente, la figura di Gramsci, le sue idee, le sue lotte per l’eguaglianza sociale e le battaglie tra gli stessi operai per far loro capire che non componevano l’ultimo gradino della scala sociale, ma uno degli ingranaggi fondamentali, in quanto produttori veri e propri, forse può insegnare e dimostrare che nel momento in cui decidi di lottare, lo devi fare per migliorare e modificare il tuo futuro, e non per un grammo di crack o per ottenere maggiore visibilità tra i delinquenti.
Questo ragionamento è valido anche per l’Italia. Le lotte studentesche, le lotte contro gli abusi del potere, la lotta alla mafia e ai poteri “marci” dello stato dovrebbero iniziare da noi. All’interno delle scuole, dei comuni, di ogni associazione. Insegnando ai bambini, ai giovani studenti ciò in cui credeva Gramsci, non si rischia di creare una generazione di comunisti – anche se personalmente non ci vedrei nulla di male- ma una nuova generazione con “vecchia” coscienza sociale!
Antonio Gramsci muore nel 1937, non nel carcere in cui Mussolini e le leggi fasciste lo rinchiusero per undici lunghissimi anni – non per aver commesso efferati reati ma per essere un oppositore, un libero pensatore- ma in una clinica, in cui fu ricoverato, ormai morente, poco dopo aver riacquistato la piena libertà.
Nel 2013 le sue idee arrivano in America, riportano speranza nel Bronx dimenticato, e magari una nuova vita per i suoi abitanti, che per costruire il Condominio Gramsci sono stati pagati quasi il doppio della paga normalmente prevista a New York. Un quartiere non facile per due mesi ospiterà reading, lezioni di filosofia, happy hour e corsi per bambini, ma anche concerti rock e spettacoli teatrali.
La cultura rende l’uomo libero!