Tassare le prostitute: realtà o fantasia?
Tassare le prostitute: realtà o fantasia? In materia di evasione fiscale il governo italiano si sta, già da un po’, prodigando; si è passati dall’abolizione del segreto bancario alle limitazioni sui pagamenti in contanti, dal redditometro alla scoperta, non troppo ignota ai più, di 15 milioni di furbi che non pagano miliardi di imposte allo Stato.
Qualche tempo fa a Bologna i carabinieri hanno “somministrato” alle lucciole di turno un dettagliato questionario; quello che è stato definito un vero e proprio censimento delle prostitute con lo scopo di fornire i dati al fisco per una tassazione dei guadagni delle prostitute. Nome, cognome, residenza, luogo e data di nascita, telefono ed estremi del documento d’identità. Poi ci sono le domande più generiche: “Da quanto tempo fai questo lavoro”, “Quanto guadagni ogni giorno”, “Qual è il compenso medio della prestazione”, ed altre simili.
La cosa potrebbe apparire normale se solo ci si dimenticasse, come spesso accade, che la Legge Merlin del 1958 proibisce alle forze dell’ordine di registrare in modo diretto o indiretto dati sulle donne che vendono il loro corpo o che sono sospettate di farlo.
In Germania, diversamente dall’Italia, a far data dal 1º gennaio 2002, la prostituzione è una attività legale. Le prostitute possono lavorare come dipendenti con un normale contratto di lavoro, ma la gran parte di loro lavora come lavoratore autonomo. Le case di appuntamenti sono imprese registrate e non necessitano di particolari autorizzazioni. Se offrono cibo ed alcolici è necessaria una normale licenza per somministrazione. Le prostitute sono tenute al pagamento delle imposte sul reddito e alla applicazione dell’ IVA per i loro servizi. Tuttavia, trattandosi di un mercato dove per la gran parte i pagamenti avvengono in contanti, spesso le tasse sono evase. I Lander di Renania settentrionale e Baden Wurttemberg e Berlino hanno adottato un sistema di imposizione nel quale le prostitute devono pagare anticipatamente un certo ammontare quotidiano, che deve essere riscosso direttamente dai gestori di case di appuntamenti.
La Cassazione civile , sez. tributaria, sentenza 01.10.2010 n° 20528 stabilisce che qualora, a seguito di accertamento sui redditi, risulti che la contribuente ha fornito false dichiarazioni in ordine all’attività effettivamente svolta e si accerti, invece, che i guadagni costituiscono proventi dell’attività di prostituzione, tali redditi vanno considerati come guadagni derivanti da un’attività economica come tutte le altre e, in quanto tali, vanno tassati. Quindi, anche la prostituzione tra adulti deve essere soggetta a tassazione, poiché è un’attività lecita. Di conseguenza, a partire dalla suddetta data in Italia, il meretricio dovrebbe essere un’attività tassabile a tutti gli effetti.
Inoltre, la stessa Sentenza n. 10578/2011 della Cassazione ha ripreso anche quella precedente n. 20528/2010 che ha definito la relativa attività come non illecita.
Si può, in conclusione, affermare che chiunque eserciti la prostituzione in Italia può e deve aprire una partita IVA, rilasciare la relativa ricevuta fiscale ai propri clienti ed avere un servizio di consulenza contabile da parte dei commercialisti, i quali, se esercitanti regolarmente la rispettiva professione, non dovrebbero incorrere nelle sanzioni penali di favoreggiamento e sfruttamento dell’altrui prostituzione, grazie proprio alla deroga applicata dall’articolo 36 comma 34 bis della Legge 248/2006 nei confronti della legge n. 75/58, ricordando , inoltre, l’esistenza dell’articolo 3 della Costituzione Italiana che garantisce l’eguaglianza di tutti i cittadini, compresa il pari trattamento sociale.