Addio a Emilio Colombo
Ultimo costituente in vita, grande elettore di tutti i presidente della Repubblica, presidente del Parlamento Europeo, esponente democristiano, presidente del Consiglio e più volte ministro. Questo era Emilio Colombo, che si è spento il 24 giugno a 93 anni.
Emilio Colombo emerge sulla scena nazionale a soli 26 anni, quando viene eletto membro dell’Assemblea Costituente, con poco meno di 21 mila voti di preferenza. Nel 1948 viene eletto deputato, con oltre il doppio dei voti ottenuti due anni prima. Così inizia la sua ascesa. Più volte viene nominato ministro (Agricoltura e Foreste, Industria e Commercio, Commerci estero, Tesoro, Esteri) e sottosegretario (agricoltura, lavori pubblici), e nell’ agosto del 1970 diventa Presidente del Consiglio, fino al 1972.
I suoi sforzi, anche quando impegnato su scala nazionale, si sono concentrati nei tentativi di migliorare e far progredire la sua regione di origine, la Basilicata.
Ma la sua carriera politica supera i confini dell stivale. Colombo, infatti, riesce a ritagliare il proprio spazio anche sul piano europeo. Ha un ruolo da negoziatore italiano in alcuni momenti importanti, e partecipa all’azione che riporta indietro la Francia dalla politica cosiddetta “della sedia vuota” voluta da De Gaulle; nel 1976 è eletto rappresentante al Parlamento europeo, incarico che viene confermato tre anni dopo con quasi un milione di preferenze. Nel 1977 presiede l’Assemblea europea per la prima volta, e anche in questo ruolo viene riconfermato nel marzo 1979. Il 1979 è anche l’anno in cui gli viene consegnato il prestigioso premio Carlo Magno, assegnato all’uomo politico europeo che ha maggiormente contribuito al processo di integrazione comunitaria. Nel 2011 riceve la medaglia Monnet “per gli alti meriti avuti nella nascita e nello sviluppo della Cee e dell’Unione Europea”.
L’unico grande dispiacere di una vita politica eccezionale, che attraversa tutta la storia dell’Italia repubblicana, è la mancata elezione al Parlamento del 2001.
L’altra faccia del politico, si sa, è quella dell’uomo, che sbaglia, che commette passi falsi. E Colombo non fa eccezione. Nel 2003, infatti, si trova coinvolto in uno scandalo per un giro di droga, all’interno della cosiddetta Operazione Cleopatra. Ma nella deposizione ai pm Giancarlo Capaldo e Carlo Lasperanza, di fronte ai quali si presenta spontaneamente, il neo senatore a vita afferma l’innocenze dei due militari della guardia di finanza che sono stati arrestati. Questi, secondo le sue dichiarazioni, non sapevano nulla, e la cocaina era solo per uso suo personale, a scopo terapeutico.
Sette anni dopo, nel 2010, Emilio Colombo dichiarerà: “Nella vita, ogni persona tenta di inviare dei messaggi positivi. Tra quelli negativi, da parte mia, c’è questo episodio. Per il quale oggi, in piena onestà, mi sento di dover chiedere scusa al Paese. Sì, di chiedere scusa.”
Quando si riveste un ruolo pubblico, ogni gesto, ogni parola, ogni comportamento, ha un peso maggiore. E molto spesso uno sbaglio va ad oscurare ciò che di buono si è fatto in precedenza.
Ma una cosa è certa: Emilio Colombo è stato un protagonista indiscusso della scena politica italiana degli ultimi sessant’anni, e ha contribuito a rendere l’Italia il grande Paese che è. Non è quindi giusto attaccarlo per la vicenda giudiziaria del 2003. Non oggi, quando l’ultimo testimone della nascita della nostra Repubblica si spegne.