Referendum Giustizia Giusta: responsabilità civile Magistrati
Approfondimento sulla responsabilità civile dei magistrati e sui primi due quesiti del referendum abrogativo che intendono modificarla.
La normativa di riferimento per la responsabilità civile dei magistrati è costituita dalla legge 117 del 1988, la cosiddetta legge Vassalli. Questa norma ha raccolto gli esiti della consultazione referendaria del 1987, che ha inserito nel nostro paese la responsabilità per danno ingiusto dei giudici, ma nel farlo ha cercato di contemperare due fondamentali principi: quello per cui i funzionari e i dipendenti dello Stato sono direttamente responsabili secondo leggi penali, civili e amministrative delle violazioni dei diritti (art. 28 Cost) e quello di indipendenza e imparzialità della magistratura (artt. 101, 104 e 108 Cost.).
Da questo bilanciamento di interessi è nata la disciplina attuale, costituita dalla possibilità di adire il tribunale per il risarcimento di danni subiti da un magistrato nell’esclusivo esercizio delle proprie funzioni. L’azione si esperisce nei confronti dello Stato e solo in caso di avvenuto risarcimento questo può rivalersi nei confronti del giudice responsabile, nei limiti di un terzo dello stipendio annuale. I danni risarcibili sono solo quelli derivanti da dolo, colpa grave e diniego di giustizia, mentre non sono mai risarcibili i danni derivanti dall’attività di interpretazione di norme di diritto, fatti e prove (art.2 legge Vassalli). E’ proprio quest’ultimo articolo ad essere il bersaglio del primo quesito referendario. Abrogare il secondo comma dell’art. 2 contenente la cosiddetta “clausola di salvaguardia”, costituita appunto dall’esenzione di responsabilità nei confronti delle interpretazioni di leggi, fatti e prove, significa allargare in modo consistente l’ambito di responsabilità del giudice, ma anche adattare il nostro ordinamento a disposizioni che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha espresso ormai dieci anni fa con la sentenza Kobler e ribadito tre anni dopo con la controversia “traghetti del mediterraneo”. Secondo la Corte il danno risarcibile non può limitarsi ai soli casi di dolo e colpa grave, requisiti molto stringenti che danno vita a situazioni-limite (lo conferma il fatto che dalla promulgazione della legge a oggi sono stati solo quattro i casi di risarcimento), ma deve estendersi alle manifeste violazioni di legge, fino ad abbracciare gli errori nell’interpretazione di norme e valutazione di fatti e prove.
Molto è stato detto sulla clausola di salvaguardia, attribuendole spesso il fine di permettere ai giudici la possibilità di creare arbitrariamente norme di legge, tramite interpretazioni troppo spesso creative e politicizzate.
Una volta proposta la domanda di risarcimento l’art.5 della legge Vassalli ne sottopone l’ammissibilità al vaglio di una speciale commissione. Questa può dichiarare inammissibile la domanda sia se lesiva dei requisiti sopra elencati (art. 2), sia se supera i limiti previsti per il diniego di giustizia (art. 3) o se proposta oltre i termini stabiliti dall’art. 4, sia se vulnerata da una generica “manifesta infondatezza”. Le prime tre cause di inammissibilità possono essere giudicate più o meno ampie, ma sono quantomeno basate su criteri tassativi, mentre il quarto requisito, la “manifesta infondatezza” è avulso da qualsiasi criterio specifico e può condurre il giudizio in qualunque direzione. Il secondo quesito referendario vuole abrogare completamente l’art. 5, con lo scopo dichiarato di togliere ai giudici la possibilità di scegliere in modo arbitrario quali cause proseguire nel merito, garantendo così al danneggiato la possibilità di esercitare in modo effettivo il proprio diritto al risarcimento.
A questo link è possibile trovare il testo ufficiale dei due quesiti. L’approfondimento sul referendum continua: quesito 3, quesito 4, quesito 5, quesito 6