Cronaca

Aumento di bimbi con sesso incerto

Aumentano sempre di più le operazioni per il sesso incbiberto dei bimbi.
Fino a pochi anni fa era un argomento di cui non parlare, da tenere nascosto, un tabù. Ora, per fortuna, in molti casi non è più così.
Perché oggi il sesso incerto, i cosiddetti disturbi della identità di genere, sono più facilmente riconosciuti e le persone sono più consapevoli che può esistere una soluzione al proprio dramma.
Andiamo a citare i numeri, negli ultimi 5 anni si è registrato un vero aumento degli interventi chirurgici per il cambio di sesso, con un aumento della richiesta del 25% a livello nazionale.

Nel periodo 1992-2013 le persone che, da tutta Italia, si sono rivolte all’Ospedale romano sono state 1065 e per 596 si è stabilita la diagnosi di Disforia dell’identità di genere dopo lunghi e accurati incontri.

Per 377 di queste persone si è trattato di una richiesta di transizione dal maschile al femminile, per 219 dal femminile al maschile.

Il direttore generale dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, Aldo Morrone afferma che “Oggi c’è maggiore consapevolezza del fatto che questo problema si può risolvere e ci sono le strutture specializzate dove la persona può essere seguita e aiutata”. Al momento, precisa, «non c’è una certezza scientifica delle cause del disturbo d’identità di genere, anche se si ipotizzano basi psico-biologiche». E la richiesta di cambio sesso «è aumentata di circa il 50% negli ultimi anni anche per bambini e neonati: si tratta di piccoli – spiega l’esperto – affetti da disturbi della differenziazione sessuale che si presentano sin dall’età neonatale, con attribuzione incerta del sesso e difetti dello sviluppo sessuale. Ne è colpito circa 1 neonato su 4-5mila».In questi casi, vengono fatte analisi ormonali per capire quale sia la componente sessuale prevalente e, successivamente, su tale base si può optare per l’intervento chirurgico. Negli ultimi 5 anni, sottolinea, «abbiamo eseguito oltre 350 interventi di questo tipo su bambini entro i 6 anni di età».

Un servizio importante «per ridare la speranza a tante persone e genitori, ma sul quale – denuncia Morrone – oggi grava un’ombra: il taglio di fondi e, anche, di personale». Queste operazioni, spiega, «sono infatti a carico del Servizio sanitario nazionale per la parte chirurgica, ma non per il percorso psicologico che è però un passaggio essenziale». Da qui un appello alle istituzioni ed anche al ministero delle Pari Opportunità. Intanto, però, al S.Camillo si va avanti: «Ad aiutarci sono anche tanti psicologi borsisti. Di certo – conclude Morrone – non possiamo dire no a chi ci chiede aiuto».

Moretto

Scrive su SenzaBarcode dalle origini. Redattore, imprenditore

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