La talpa di Datagate ha un nome
Qualche giorno fa tutti i giornali hanno riportato la notizia che Obama si è trasformato nel Grande Fratello, e che spia le telefonate di milioni di cittadini. Oggi, la talpa che ha fatto scoppiare Datagate, il primo vero scandalo dell’era Obama, ha un nome.
Tutto è iniziato con i documenti riservati pubblicati dal Guardian. Questi rivelavano la notizia che Verizon, una compagnia di telecomunicazioni, è tenuta a consegnare all’Fbi i numeri di telefono di ogni conversazione, il luogo in cui si trovano, la durata della telefonata, l’ora in cui avviene e i rispettivi identificativi. Sono state messe sotto controllo le comunicazioni all’interno degli Stati Uniti e dagli Stati Uniti verso l’estero. La richiesta è arrivata dal Foreign Intelligence Surveillance Court (Fisa), che ha dato l’autorizzazione all’Fbi per procedere alla raccolta dei tabulati il 25 aprile 2013, e ha dato al governo accesso illimitato ai dati per tre mesi, fino
La National Security Agency (Nsa) è la più segreta delle 16 agenzie di intelligence degli Stati Uniti, e di solito gli ordini della Fisa riguardano specifici individui considerati potenziali terroristi o spie straniere, e non milioni di cittadini, indistintamente. La Casa Bianca però ha difeso questa scelta. L’amministrazione Obama ha dichiarato che l’iniziativa della Nsa è stata “uno strumento fondamentale per proteggere la nazione dalla minaccia del terrorismo”. al 19 luglio.
Ma da ieri un’altra notizia fa il giro del mondo. La talpa, colui che ha rivelato il Datagate, è uscito allo scoperto. Ha deciso di rendere nota la propria identità, proprio perché sicuro di non aver fatto niente di male.
“So di non aver fatto nulla di male. Non voglio l’attenzione del pubblico, perché non voglio che questa storia sia una storia su di me. Voglio che sia una storia su quello che il governo [degli Stati Uniti] sta facendo [..] Non posso in buona fede consentire al governo Usa di distruggere la privacy, la libertà di Internet e le libertà di base della gente nel mondo con questo imponente sistema di sorveglianza che hanno costruito in segreto”.
Con queste parole Edward Snowden, 29 anni, spiega la sua decisione in una videointervista al Guardian.
Il ventinovenne ha ricoperto diversi incarichi importanti, tra cui collaborazioni con la Cia e la stessa Nsa, e afferma di non poter più tollerare certe cose che vede. Il flusso di informazioni a cui si è sottoposti quando si lavora a certi livelli è incontrollabile, senza filtri. E lui, nonostante lo stipendio molto alto, e la possibilità di vivere alle Hawaii, non poteva permettere che questa infrastruttura, denominata Prims, continuasse a crescere, e raccogliesse sempre più informazioni. Così, si è trasferito in un albergo ad Hong Kong, ha raccolto tutto il materiale necessario, e ha denunciato quello che sta succedendo.
Secondo il giovane coraggioso, continuando così si rischia la tirannia. E lui vuole fare il possibile per provare a cambiare le cose.
Ha dichiarato di essere consapevole dei rischi che corre per aver preso questa decisione, ma che non se ne pente, perché è giusto così. La sola cosa che lo preoccupa è di aver esposto anche i suoi parenti, molti dei quali lavorano per il governo. E pare che ora stia pensando di chiedere asilo ad Hong Kong o al governo islandese.
Ora non ci resta che attendere per vedere come tutta questa vicenda si concluderà.