Under 30, sfiduciati e penalizzati
Qualcuno li aveva definiti persino choosy, schizzinosi e anche un po’ snob. Sono gli under 30 italiani che, invece, secondo un’indagine promossa dall’Istituto Toniolo e Fondazione Cariplo, curata da un gruppo di docenti dell’Università Cattolica di Milano, sono disposti a tutto pur di trovare un lavoro, accettando anche paghe ridicole e professioni poco gratificanti. L’unica condizione che non sono disposti ad accettare è quella di rimanere con le mani in mano.
La ricerca è stata condotta su un campione di 9 mila giovani tutti con meno di 30 anni, da cui è emersa una generazione insofferente nei confronti dell’attuale sistema e pronta a cogliere la prima occasione utile, con la speranza che possa essere l’avvio per realizzare le proprie ambizioni professionali.
Adattarsi è la parola d’ordine per questi giovani under 30. Un giovane su quattro pur di lavorare è disposto ad accettare un impiego anche sottopagato e lontano dalle sue aspettative e dai suoi studi, sperando che sia solo una soluzione provvisoria. Lo strumento preferito per la ricerca è il web, usato dal 56,7% dei giovani per la ricerca e per inviare il curriculum.
E poi resta la fuga: per il 42% degli intervistati si dice pronto a fare le valigie per l’estero. Fondamentale per l’85% rimane la famiglia, mentre sfiducia totale nei confronti dei partiti politici: bocciati da 8 giovani su 10, i sindacati hanno solo il 29% di consensi, così come la Chiesa alla quale si preferiscono altre figure come il parroco, gli insegnanti e gli educatori.
Chi invece non riesce a mettere in campo strategie di adattamento, anche accettando qualche compromesso al ribasso pur di non rimanere fermo e inoperoso, rischia di scivolare nella problematica categoria dei Neet. I giovani, che non studiano e non lavorano oltre il 20% degli under 30, risultano essere anche le persone più demotivate e disilluse rispetto al proprio futuro. Rispetto al resto dei giovani vedono maggiormente il futuro pieno di rischi ed incognite e sono meno in grado di progettare positivamente il proprio futuro. Questo conferma ancor di più l’importanza di non rassegnarsi, anche in periodo di crisi, ma di continuare a credere nelle proprie capacità, anche adattandosi provvisoriamente a un lavoro che nel presente non offre a pieno le condizioni e le opportunità desiderate.
Le persistenti difficoltà del presente e l’incertezza del futuro rischiano però di frenare i progetti dei giovani (oltre il 63% dopo essere uscito per studio o lavoro è tornato a vivere con i genitori) rendendo per molti la casa dei genitori una prigione dorata: per più della metà degli intervistati la famiglia si configura come rifugio dal mondo (il 26,5% è molto d’accordo con questa definizione mentre il 40% si dichiara abbastanza d’accordo).
“Un dato – commenta Alessandro Rosina, tra i coordinatori dell’indagine del Toniolo – che ci conferma come molti giovani, contrariamente allo stereotipo che li indica come schizzinosi o bamboccioni, si adattino a una remunerazione più bassa e a un lavoro non soddisfacente come soluzione provvisoria per cercare di superare la crisi evitando così di ingrossare le fila dei disoccupati. Da qualche anno il Primo maggio è per i giovani soprattutto la festa del lavoro che non c’è, non solo nel senso che non lo si trova, ma anche perché quello che si trova non aiuta a conquistare una piena autonomia e a porre basi solide per il proprio futuro”.