Cronaca

Forlì, ragazzo insegue madre e amante con un coltello

Tornare a casa e trovare la mamma a letto con un uomo, prendere un coltello e rincorrerli rocambolescamente intorno al tavolo della cucina, prima uno poi l’altra senza tuttavia riuscire nell’accoltellamento, come nel miglior cinepanettone di Natale. Scena comica sugli schermi, molto meno nella realtà.

Forlì è successo davvero, nella notte tra venerdì e sabato. Un ventenne, che dopo una serata in discoteca doveva rimanere a dormire dalla di lui ragazza, opta invece all’ultimo minuto per tornare a casa da mammà. Trovatala con un uomo, probabilmente il suo uomo, il ragazzo avrebbe preso un coltello tentando di usarlo su madre e compagno. L’uomo, rinchiusosi in bagno riesce a dare l’allarme, le forze dell’ordine arrivano e disarmano il ragazzo, la coppia di piccioncini colti in flagrante decide di non sporgere denuncia per l’accaduto. E, dopo una nottata certamente diversa dal solito, vissero tutti felici e contenti.

O non proprio. Innanzi tutto il ventenne rischia ancora l’incriminazione d’ufficio da parte del magistrato. Non conosciamo direttamente le intenzioni del giovane, che per quanto se ne sa potrebbe tranquillamente aver pensato fosse cosa buona farsi una legittimissima  corsetta mattutina in stile Edward mani i forbici. Rimane tuttavia l’altrettanto legittimo dubbio che le intenzioni fossero altre, e che se forse il matricidio non rientrava direttamente nei programmi del ragazzo, magari il gesto eclatante voleva comunque chiarire, e in maniera inequivocabile, due o tre cosucce.

In effetti non saprei proprio immaginare come, dopo un’esperienza del genere, potranno evolversi i rapporti tra i tre. Come a dire che va bene che nessuno si è fatto male, ma se è il pensiero quel che conta, il ragazzo il suo mi sembra averlo manifestato in modo abbastanza chiaro:

mammà, sei solo mia! Non penserai mica di poterti rifare una vita solo perché ti sei separata da papà. E a casa nostra per giunta. Non scherziamo. 

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E questa, gentili lettori, non è forse l’ennesima versione, filiale edulcorata e un po’ comica, di quella illustre scuola di pensiero che accampa diritti di possesso sul corpo femminile alienandoli alla donna, una proprietà che per giunta, una volta acquisita, è sempre meglio distruggere che cedere ad altri? Credo onestamente, che se in questo caso non si possa parlare di femminicidio in senso stretto, perché tecnicamente omicidio non c’è stato e perché letteralmente il termine indica generalmente un reato compiuto da mariti o compagni respinti, si debba comunque ragionare in questi termini sull’accaduto. C’è poco da fare e da girarci intorno in fondo, il fattaccio sembra rientrare a pieno titolo nella categoria della violenza maschile nei confronti dell’autoderminazione dell’individuo-donna che tanto seguito pare aver acquistato ultimamente. E se poi, nel caso specifico, entra in gioco anche l’idea del corpo materno come simulacro da proteggere nella sua funzione sessuale e riproduttiva, poco importa. Più che con tenerezza in qualche modo giustificativa, dovremo comunque guardare all’accaduto con una spietata serietà. In quella vecchia polarizzazione del ruolo femminile che non vede vie di mezzo tra donna-madre e donna-sessualmente attiva eventualmente con uomini diversi dal proprio padre, sta forse la radice della reazione violenta del giovane di Forlì. Essa potrebbe risiedere dunque nell’incapacità di vedere la propria madre per quel che è, semplicemente una donna. Ma, di questi tempi, forte è il sospetto che profonda sia anche l’incapacità, o la non volontà, generale di accettare la donna come essere senziente che autonomamente amministra la propria vita ed il proprio corpo a poter stimolare una reazione matricida in un ragazzo poco più che adolescente. Meditate gente, meditate, si parla di involuzione del nostro sentir comune quando in tanti si sentano giustificati a rispondere con la violenza a scelte che di fondo neanche li riguardano.

E tu, caro ventenne forlivese, mai sentito dire “il corpo è mio e lo gestisco io”?

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