Cronaca

Roma, Job Meeting 2013: come invecchiare di dieci anni in poche ore

Il Job Meeting è una giornata di orientamento e incontro tra impresa e neolaureati volta a favorire la connessione tra Università e mondo del lavoro. A tappe itineranti si sposta in giro per l’Italia. Oggi 30 maggio era la volta di Roma. Noi andiamo a vedere e ci guardiamo intorno. Lo spettacolo, avvertiamo, non è tra i migliori.

jobmeting

Io me la prendo comoda, e decido preventivamente di ritagliarmi un ruolo un po’ sadico: quello dell’osservatore spietato. Per sicurezza, non si sa mai, porto qualche curriculum su cui ho ostinatamente appuntato anche tutti i miei lavoretti da studentessa-fuori-sede-sempre-in-cerca-di-spicci, metto gli occhiali con la montatura spessa, jeans, una maglia a righe e la mia mitica giacca nera che fa tanto professionista ma il tutto molto casual. Entriamo e nell’atrio, come in un film, tutti sembrano girarsi a guardarmi esattamente nello stesso istante. No, non è vero, nessuno si gira a guardarmi, sono io che guardo loro ammutolita: tutti, o quasi, hanno occhiali con la montatura spessa e nera, jeans e giacche scure. Ok, osservatore spietato, hai toppato, anche tu ti sei fatta fregare. Questa non sarà la bella giornata di critiche agrodolci che avevi tanto sognato, sei anche tu nel calderone delle acciughe stipate ad aspettare, cosa non si sa.

Eccolo, il popolo dei neolaureati. Quelli della mia specie, condannati al limbo degli stages o peggio dell’attesa, con gli occhiali spessi e il curriculum in mano aspettano in piedi formando lunghe file davanti ai banchetti più invitanti del Job Meeting. Ridono e scherzano tra di loro, ingessati nelle giacche scure hanno gli occhi dei bambini davanti alla marmellata, gaudenti e maliziosi assaporano il sogno di guadagnare 600€ al mese lavorando come muli per una grande o grandissima azienda (perché poi di stage ci sono pure gli altri, quelli che lavori sempre come un mulo ma che neanche ti pagano). Faccio un giro. Gli stands che più o meno mi interessano sono in realtà solo due. Finito. Semplice la vita per un laureato in lettere.

Faccio un giro, ne faccio due. L’umore degli aspiranti stageurs intanto comincia a scendere. Qualcosa di diverso nei loro occhi pian piano prende il posto della marmellata. Ok osservatore, non sei spietato perché la scena ti mette un po’ tristezza, ma almeno fai il tuo dovere d’osservatore visto che tra l’altro i tuoi curriculum stanno rimanendo al caldo dentro la borsa!

Indago.

Mi avvicino di soppiatto, dritta dritta verso i banchi, di lato, sperando che nessun degli astanti stremato dalle lunghe attese mi azzanni alla giugulare pensando che voglia passar avanti. Sopravvivo ed osservo. Un ragazzotto grande e grosso, il primo della fila, si avvicina timido al banco di una grande società e mormora cercando di risultar convincente: “io sono laureato in Giurisprudenza alla LUISS, ed in pieno corso!”. “Sì, ok, ma siete tanti e quindi parlo io” risponde da dietro il banco una biondina matura che vorrebbe platealmente essere da tutt’altra parte. “A noi servono queste queste e queste lauree. Se ce l’avete, lasciate il curriculum, vi faremo sapere“.

Non vorrei esagerare, ma in quelle coppie di fogli ci siamo noi. Senza guardare minimamente il contenuto, la biondina prende il cv del ragazzotto e di tutti i suoi vicini di fila e li affastella velocemente su un’alta pila di fogli simili. Sbircio dietro il bancone: orrore! Pile e pile di curricula stanno lì a dormire, aspettando anche loro cosa non si sa.

La tristezza diventa delusione, la delusione scoramento: “a saper che era così, si mandavano i curriculum direttamente sui siti delle aziende. Che senso ha farci venire fin qui?”, sento mormorare. In effetti, questo meeting dell’incontro ha ben poco, sembriamo topolini chiusi in un labirinto, tutti accalcati in una direzione quando in realtà l’uscita è altrove.

Passano le ore, lungo le file si ride sempre meno. Quelli che prima sembravano giovani in carriera pronti a conquistare l’inconquistabile, cominciano a piegarsi sotto il peso delle tracolle, stanchi delle file e coscienti che non porteranno a nulla o quasi. Qua e là ci si chiede se è vera la leggenda di quel qualcuno che un lavoro l’ha trovato proprio così, in fila.

La mia amica vamp dal cuore d’oro, metà matematica e metà informatica, ogni volta si trascina in questi incontri con la stessa gioia entusiasta. Dopo qualche ora anche lei, stanca di essere delusa, smania per andarsene. Durante il viaggio di ritorno la guardo senza che lei se ne accorga. Ha una ruga in più, lasciata da un’altra piccola speranza che se n’è andata. Ma sarà bene non farglielo notare, non è giusto invecchiare ancora prima dei trent’anni.

Morale della favola: non uccidete alberi, se non siete sicuri che serva. La rete è fatta apposta per comunicare, all’occorrenza funziona anche per i curricula. E soprattutto non credete in nulla, non è aria.

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