Amare da Morire: Perdono le sue botte Storie di “amori” malati
Come recitava una vecchia canzone: Si può amare da morire, ma morire d’amore, NO!
Rosaria Aprea, Miss appena ventenne di origine Casertana, è stata ricoverata in ospedale in seguito alle percosse inflitte dal compagno Antonio Caliendo.
Questo fatto, accaduto qualche giorno fa, continua a sbigottire i lettori, anche in virtù dei tragici eventi che dall’inizio dell’anno a oggi hanno portato alla morte di più di venti donne per mano dei propri compagni o degli ex. La giovane Miss ha infatti dichiarato di aver già perdonato il fidanzato e di sentirsi in colpa per aver causato l’arresto del “povero” amato. E, se non bastasse, ha parlato della malinconia e della tristezza causata dall’assenza del suo Antonio e delle loro serate passate accoccolati davanti alla TV.
Ha addirittura provato a ritirare la denuncia dichiarando, dal letto dell’ospedale nel quale è ricoverata per aver subito a seguito dell’aggressione del compagno, una doppia operazione all’addome: “non è vero che ho subito percosse”, e giustificando il tutto con l’assenza di lividi al volto e sulle braccia.
In effetti il tanto amato Antonio Caliendo è stato perfino intelligente a provocarle un’emorragia interna e una lesione alla milza. Tutte cose non direttamente e immediatamente collegabili ad una violenza domestica.
La prima cosa a cui ho pensato appena letta la notizia del perdono è: “questa è una pazza”!
Poi però ci ho riflettuto. Non è pazzia, ma qualcosa di paragonabile alla Sindrome di Stoccolma, quella cioè che crea un legame di dipendenza tra l’ostaggio ed il suo rapitore.
Molte donne come Rosaria non denunciano, pensano di essere loro la causa della rabbia del proprio compagno, minimizzano la situazione. Più e più volte è stato ripetuto, dagli psicologi, da tutti gli organi di stampa, dalle starlette, dai conduttori di talk show, che un uomo violento lo sarà sempre e per sempre, e purtroppo sempre di più con il passare dei giorni.
Le cronache attuali, come già ricordato, quasi ogni giorno riportano alla nostra attenzione storie di vittime, racconti di parenti -perchè spesso le “protagoniste” non sopravvivono al mostro che tanto “le ama”- che a gran voce urlano la propria rabbia contro le istituzioni e le forze dell’ordine, colpevoli di non aver difeso chi ha denunciato, chi ha provato a liberarsi da quell’amore soffocante, dal cappio appeso al collo.
Le botte, le violenze fisiche e psicologiche non devono MAI essere tollerate né giustificate. Io non credo neanche che questo sia il primo episodio di violenza che Rosaria subisca da Antonio. Si inizia sempre con un tono di voce più alto, con il primo polso stretto troppo forte, si passa poi allo schiaffo e alla prima “caduta dalle scale”. Troppo spesso purtroppo si finisce con l’impossibilità di raccontare la propria storia e con il dolore di parenti e amici, ignari fino a quel momento dell’inferno in cui era finita la vittima.
Da donna a donna: Rosaria, non perdonare quelle botte!