Cronaca

Il pezzo di pane ai poveri, perché in Italia non si ha diritto ad invecchiare

Venerdì mattina, passando davanti alla chiesa di S. Andrea delle Fratte  a Roma, mi è toccato assistere ad una delle scene più tristi della mia vita.

Ancora adesso, ripensandoci, mi si chiude la bocca dello stomaco e sento lo stesso dolore che mi avrebbe provocato un destro diretto sul viso: la fila per prendere il pezzo di pane donato da un’associazione benefica, era composta al 60% da pensionati – italiani, se questo per voi è più importante

anziani

Prima di giungere davanti allo spiazzale dell’edificio sacro, pochi metri prima, per strada ho incontrato una donna che strappava un pezzo di pane a mani nude e lo mangiava avidamente. Ricordo di aver pensato, stupidamente, “la signora non ha fatto colazione stamattina, e ha deciso direttamente di “buttarsi” sul pane che ha preso per pranzo”.

Beh, credo sia facile capire come mi sia sentita uno schifo una volta capita la reale situazione. Era fame sì, ma quella vera, quella che forse solo i nostri nonni si ricordano, e che purtroppo, sempre loro, rischiano di riprovare nella fase della vita in cui l’unica cosa che vorresti è avere la tranquillità di poter andare a dormire con la pancia piena, dopo aver passato una vita di stenti e dopo aver magari fatto i salti mortali per mantenere i tuoi figli.

Secondo i dati ISTAT il 13% degli anziani riceve mensilmente una pensione inferiore ai 500 euro, il 30% una tra i 500 ed i 1000 euro al mese, il 23% tra i 1000 ed i 1500 e solo il 32% percepisce invece una pensione superiore ai 1500 euro.

Questo vuol dire che il 43% dei pensionati ogni mese può contare al massimo su 1.000 euro per sopravvivere. Se da questi detraiamo i soldi dell’affitto, quelli per le medicine, altri per visite specialistiche, quelli per le bollette, è facile capire perché le file della Caritas si incrementino sempre più di anziani in cerca di un pezzo di pane.

Non sempre purtroppo queste persone anziane possono contare su una famiglia in grado di assicurargli un fine esistenza degno di questo nome. Molte persone sono sole, altre sono abbandonate a se stesse, e così, da un giorno ad un altro – meglio dire da un anno ad un altro, dato l’avvicendarsi dei Ministri che fanno cassa sulle pensioni della povera gente-, chi già precedentemente poteva definirsi in condizione precaria, si ritrova sotto la soglia della povertà.

La tanto famosa, quanto amara, Riforma Fornero, ha inoltre praticamente cancellato le pensioni di vecchiaia, imponendo non solo un limite anagrafico, ma anche contributivo. Dal 1 gennaio di quest’anno è infatti obbligatorio non solo il raggiungimento di una data età anagrafica -65 anni per gli uomini e rispettivamente 62 anni e tre mesi, per le dipendenti e 63 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome- ma è richiesta inoltre un’anzianità contributiva minima di 20 anni.

Considerando che fino a 50 anni fa – 20 per molte regioni- l’economia italiana era basata prettamente sull’agricoltura, non sarà facile per molte persone che raggiungono il limite anagrafico imposto per legge, dimostrare che per 20 anni e oltre si sono rotte la schiena nei campi.

Concludo con una considerazione che oserei dire quasi ovvia: uno Stato che non protegge la sua storia – cioè gli anziani- e non tutela il suo futuro – e cioè i giovani- non può aspirare ad una fine diversa dall’implosione.

Marika Massara

Nata e cresciuta in provincia di Milano, emigrata in Calabria, adottata da Roma, non posso che definirmi italiana. Amo la mia Calabria, il mare d'inverno e il Rock. Da sempre attenta alla politica (più che ai politici), non posso che definirmi assolutamente di sinistra. Segni particolari: Milanista sfegatata.

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