Cronaca

Recensione del romanzo "Alle radici del male" di Roberto Costantini

Recensione romanzo "Alle radici del male" di Roberto Costantini

Recensione romanzo “Alle radici del male” di Roberto Costantini.

La storia è inizialmente ambientata nella Libia post coloniale del dopoguerra in cui gli anni giovanili del commissario Mike Balistreri sono segnati dalle morti irrisolte della piccola Nadia e della madre Italia e dall’amore impossibile verso Marlene Hunt e la figlia Laura. La seconda parte del romanzo è invece ambientata a Roma nel 1982 dove il commissario, dopo il fallimentare esito dell’indagine sull’omicidio di Elisa Sordi, indaga altrettanto svogliatamente sulla morte di Anita una studentessa sudamericana assassinata subito dopo il suo arrivo nella Capitale.

Inoltre per gratitudine verso chi gli ha salvato la carriera, è anche costretto a vegliare su Claudia Teodori, che agli albori della televisione commerciale sembra lanciata verso una luminosa carriera di starlette. Da qui la scoperta della sussistenza di un collegamento tra le storie di Nadia, Anita e Claudia che costringerà Michele a scavare nel suo passato e a condurlo appunto alla radici del male.

“Come la trilogia Millennium, il trittico costantiniano riesce a essere insieme romanzo d’azione e processo a una nazione. Roberto Costantini vince alla grande il secondo round della sua trilogia. C’è qualcosa di feroce nella sua bravura” Antonio D’Orrico, Corriere della Sera
Si dice che il mondo è bello perché è vario: ho voluto citare un commento di Antonio D’Orrico al romanzo di Roberto Costantini “Alle radici del male” per poter affermare che non potrei essere meno d’accordo.
Comincio col dire che il commissario Michele Balistreri è uno dei personaggi più odiosi e sessisti che siano stati inventati nella storia della letteratura, anche se ci vuole coraggio ad accostare la parola “letteratura” a questo romanzo.

Il suo spessore psicologico è pari a quello di un manga giapponese. Ha un irrisolto complesso di Edipo verso la madre Italia, il cui amore portato all’inverosimile si contrappone all’odio anche un po’ ingiustificato verso il padre e più in generale verso le donne, per cui quelle abbigliate castamente come sua madre sono brave, serie e meritano rispetto mentre quelle che invece indossano short come la sensuale Marlene Hunt sono delle poco di buono. Alla luce di questo assioma lo stupro alla povera americana è del tutto giustificato e dalle righe emerge persino che alla signora non è del tutto dispiaciuto sottostare a quella forma di violenza perché proveniente dall’eroe manga Mike Balistreri.
La stessa cosa si può dire per l’altro stupro commesso dal nostro simpatico Michele, ma questa volta del tutto decontestualizzato perché ai danni di Laura Hunt, non una poco di buono, ma a suo dire, la donna amata. E anche in questo caso un atto orrendo come una violenza carnale viene sublimato dalla donna che lo subisce perché Michele merita.
Tutto il romanzo è un’apologia del fascismo; è pur vero che ognuno ha diritto di esprimere la propria opinione, ovvero che i libici si devono ritenere fortunati per la colonizzazione portata dagli italiani e che gli italiani in occasione del voltafaccia al fascismo all’indomani del famoso armistizio firmato con le truppe alleate sono da considerare degli infami traditori.
Questo è ovviamente il pensiero di Mike che da integerrimo uomo di principio ottiene il posto in polizia grazie all’intercessione del fratello, perché traditori no, raccomandati sì.
Ma dopo aver analizzato la profondità morale del protagonista veniamo alla storia: l’iniziale delitto di Nadia, che rimane irrisolto per quasi tutta la durata della storia, sembra celare loschi retroscena, da cui derivano tutte le porte in faccia sbattute a Michele quando prova a far luce sull’assassinio al punto da farci credere che il golpe ordito da Gheddafi in Libia con la consequenziale cacciata degli italiani e confisca dei loro beni, abbia un oscuro legame con la triste fine della ragazzina. Il dilemma che ci attanaglia per la durata della storia alla fine si concluderà in un nulla di fatto.
Stessa cosa si può dire per l’omicidio della studentessa americana Anita: il motivo per cui addirittura il Vaticano la fa emigrare dal Sud America per venire a Roma ci resta ignoto.
Arrivando alla conclusione rimane immotivato il suicidio di un presentatore RAI, la cui morte sembra collegata a Claudia Teodori che a sua volta sembra collegata ad Anita che sembra collegata a Nadia che sembra collegata al colpo di Stato di Gheddafi.
In sostanza “Alle radici del male” è un’accozzaglia di personaggi con lo spessore psicologico pari a un foglio di carta e di fatti di per se stessi avvincenti, ma buttati là a casaccio e che, contro qualsiasi nozione elementare di scrittura creativa, che impone la funzionalità a tutta la trama anche di un solo dettaglio, rimangono fini a se stessi.

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