Il fu Mattia Pascal, la rivincita di Pirandello
Ci sono momenti in cui si ha bisogno di una speranza a cui aggrapparsi, a volte non c’è nemmeno quella, allora bisogna crearla, inventarla. E per farlo c’è bisogno della fantasia, che spesso anche lei si dimentica di noi.
Può aiutarti uno strumento che è come se diventasse un figlio, un papà, un amico e una fidanzata nello stesso momento.
Il mio strumento è una chitarra, un’autostrada verso i sentimenti, grazie a lei riesco a raccontare una storia, un’emozione, che altrimenti non sarei mai riuscito a dire in semplici parole. E’ così che nasce una canzone, si stacca piano dal cuore.
Dal testo di una canzone o di un libro può nascere un’amicizia e una storia che ti aiuta a superare qualsiasi momento.
Pirandello è in difficoltà, siamo nel 1903 e un allegamento a cui seguì una frana nella miniera di zolfo di Aragona distrusse la proprietà del padre, nella quale era stata investita parte del patrimonio familiare, e da cui anche Pirandello e la sua famiglia traevano un notevole sostentamento, nel tempo che ci mette un insieme di pietre a compiere la propria corsa la famiglia si trovò improvvisamente nel lastrico.
La moglie di Pirandello, Antonietta, impazzì, la povertà accrebbe il suo disagio mentale, era sempre più spesso soggetta a crisi isteriche, causate anche da una gelosia esagerata, a causa delle quali o lei rientrava dai genitori in Sicilia, o Pirandello era costretto a lasciare la casa.
16 anni dopo, nel 1919, Pirandello fu costretto ad acconsentire che Antonietta fosse ricoverata in un ospedale psichiatrico. La malattia della moglie portò lo scrittore ad approfondire, portandolo ad avvicinarsi alle nuove teorie sulla psicoanalisi di Freud, lo studio dei meccanismi della mente e ad analizzare il comportamento sociale nei confronti della malattia mentale.
Spinto dalle ristrettezze economiche e dallo scarso successo delle sue prime opere letterarie, e avendo come unico impiego fisso la cattedra di stilistica all’Istituto superiore di magistero femminile (che tenne dal 1897 al 1922), lo scrittore dovette impartire lezioni private di italiano e di tedesco ad adolescenti.
E’ il momento più difficile della vita per Pirandello, che vede messe sempre più in dubbio le sue qualità letterarie, ed è durante le notti di veglia alla moglie paralizzata nelle gambe che Pirandello utilizzò una penna per sperare.
Nella luce soffusa della camera, con la colonna sonora del respiro stanco della moglie a scandire le lunghe ore notturne, Pirandello iniziò a scrivere, non sapendo che grazie a quella pila di fogli che pian piano andavano riempiendosi sarebbe diventato un eroe.
Pirandello inizia allora a immaginare, immaginare la vita travagliata di un uomo, di nome Mattia, di ricca famiglia, di cui però il patrimonio è gestito da un disonesto amministratore. La nipote dell’amministratore viene messa in cinta da Mattia che è costretto a sposarla. Mattia è triste e infelice, matrimonio e lavoro sbagliati, decide di fuggire da Miragno(Liguria) e di tentare fortuna in Francia, dove a Montecarlo vince un’ingentissima somma alla roulette.
Pirandello ogni notte, da solo, continua a scrivere la storia di Mattia.
Vuole tornare a casa Mattia, ha i soldi, vuole riscattare la sua proprietà, vendicarsi dei soprusi della suocera, è ricco adesso Mattia, può fare quello che vuole, ma il destino è lì, su un foglio di giornale letto in treno: nella roggia di un mulino a Miragno è stato ritrovato un cadavere che assomiglia a Mattia, di cui nessuno aveva più notizie da tempo, sebbene sconvolto, comprende presto che, credendolo tutti ormai morto, può crearsi un’altra vita. Così, con il nome di Adriano Meis, inizia a viaggiare prima in Italia e poi all’estero, per poi stabilirsi a Roma in una camera ammobiliata sul Tevere. Si innamora, ricambiato, di Adriana, sogna di sposarla e di vivere un’altra vita, ma presto si rende conto che la sua esistenza è fittizia. Infatti, non essendo registrato all’anagrafe, è come se non esistesse e pertanto non può sposare Adriana, e non può fare tutte quelle cose della vita quotidiana che necessitano di una identità. Finge così un suicidio e, lasciato il suo bastone e il suo cappello vicino a un ponte del Tevere, ritorna a Miragno come Mattia Pascal.
Sono intanto trascorsi due anni e arrivato al paese, Mattia viene a sapere che la moglie si è risposata e ha avuto una bambina. Si ritira così dalla vita e trascorre le sue giornate nella biblioteca polverosa, dove lavorava in precedenza, a scrivere la sua storia e ogni tanto si reca al cimitero per portare sulla sua tomba una corona di fiori.
Pirandello ogni notte fa rinascere il suo personaggio, ma quella è fantasia, è un libro, un gioco, i problemi economici di Pirandello invece, quelli sono reali, non è una storia finta, le lezioni private date a quei ragazzi così giovani ma anche così disattenti, sono così fastidiose, tutta la sua cultura messa al servizio di ragazzini che non ascoltano e pensano ad altro, ma sono così utili perchè permettono di andare avanti economicamente e poter curare la moglie.
Scrive di notte Pirandello, perchè di notte non dorme mai, buio nella stanza, scrive e sa che non si fermerà. Ha davanti una penna per poter sperare, e da quella penna Pirandello non sa ancora che sta nascendo un successo letterario incredibile, che cambierà la sua vita. “Il fu Mattia Pascal” è stato la rivincita di una vita, economica e morale, a cui poi seguirono altri successi letterari e teatrali, che lo portarono a vincere il Premio Nobel per la Letteratura nel 1934, grazie a quel testo e quelle notti passate a sperare, quando aveva soltanto una penna per amica, è nato un’altra volta Pirandello, come il suo amico Mattia.