Smaltimento irregolare tesi di laurea e…le fatiche degli studenti!
Non bastano i tanti giovani disoccupati che l’Italia lascia parcheggiati nei colloqui di lavoro, persi nelle lettere di presentazione e il più delle volte a zonzo per le strade. Adesso torna anche l’incubo delle tesi di laurea gettate nella spazzatura dai professori universitari!
La notizia non è nuova, arrivano di continuo segnalazioni di questo tipo, ma ogni volta si risveglia in noi, studenti ed ex studenti, un istinto di rabbia e disillusione. Sensazioni, ahimè, anch’esse per niente nuove…
Guardando la foto postata su Facebook in questi giorni – condivisa e commentata centinaia di volte – si può riconoscere un bel gruppetto di tesi gettate in un cassonetto dell’immondizia (indifferenziata per altro), presso la facoltà di Economia dell’Università del Salento (Lecce). Ma di testimonianze simili ne abbiamo fin troppe: come quella della neolaureata di Salerno (Fisciano) che, camminando nei corridoi del suo campus il giorno dopo la discussione della tesi, nota nella raccolta della carta il suo lavoro, che tiene compagnia a molti altri. Quando attonita si reca dalla preside per denunciare il fatto, le arriva questa risposta : “Certo che il professore è stato davvero poco furbo a buttarla qui dove tutti possono vederla”.
Ah già, il problema è farsi “sgamare”…
Sembra che presso l’ Università salernitana sia abitudine dei professori gettare via le tesi di laurea e che molti studenti riciclino i lavori “sudati” degli altri, rovistando tra la carta con estrema facilità.
Come non segnalare poi il video diffuso da alcuni studenti dell’Università di Catania? Qui, presso il Monastero dei Benedettini, si possono osservare decine e decine di tesi abbandonate addirittura sul ciglio della strada. Tesi che partono dall’anno scolastico 1995/96 fino ad arrivare al 2008.
Potrei elencare tanti altri casi, registrati ad esempio presso la Facoltà di Economia Federico II di Napoli, passando per la Statale di Milano, fino all’ Università di Bari, dove tanti lavori rilegati con cura sono disseminati nei cestini assieme agli avanzi di cibo…
– Chi se ne frega – penseranno i responsabili di questi atti tristemente usuali – il lavoro è finito, andate in pace. – Eh no, signori professori, l’istruzione costa sia in termini economici che di fatiche personali! Dove lasciate l’ impegno e i sacrifici che studenti e famiglie fanno per sostenere gli studi presso le vostre scuole? La maggior parte dei ragazzi che liquidate con aria di sufficienza spera di costruirsi un futuro migliore, che già di per sé non si prospetta particolarmente roseo, figuriamoci senza il fatidico “pezzo di carta”! Il danno oltre la beffa è che perfino con quel pezzo di carta, concesso non senza remore, quasi la metà dei neolaureati si ritrova attualmente senza lavoro.
Non che tutti gli universitari d’Italia siano animati dagli stessi buoni propositi, ma credo che se anche il meno capace, il meno brillante e volonteroso, trovasse in un cestino dei rifiuti il sunto dei suoi anni di studio, si sentirebbe come minimo disprezzato. Si, disprezzato, deluso e parecchio incazzato! Se nemmeno voi signori professori e signori presidi, pensate che valiamo qualcosa usciti dalle vostre aule, che diavolo ci laureiamo a fare?
Certo, queste non sono domande che competono a quel genere di professore che va a lezione pensando di perdere tempo, che non ha intenzione di insegnare nulla se non per “dovere”, figuriamoci custodire le tesi di laurea. Non sono pensieri che vengono spontanei a chi si riporta tranquillamente lo stipendio a casa e poi, finita la sessione, prende le fatiche degli studenti e le getta nell’immondizia.
Per giunta viviamo in un Paese in cui si devono scrivere due tesi in quasi tutti gli atenei: una per la triennale e una per la specialistica – l fatidico 3+2 – Doppia fatica = doppio impegno = doppia spesa.
Le copie da scrivere, stampare e rilegare sono 3 o 4 a seconda che ci sia o meno il correlatore; di quelle “base” una viene consegnata al relatore, una alla commissione e l’ultima rimane allo studente, spesso unica superstite. La spesa varia a seconda che si scelga la copertina in pelle, in seta, riciclata, pergamena, similpelle e così via. Il prezzo cambia ovviamente anche in base al numero delle pagine e delle immagini a colori. Insomma il costo finale può superare anche i 100 euro.
Ci sono famiglie che hanno acceso un mutuo per pagare gli studi al proprio figlio (o figli), eppure sono tanti gli insegnanti e le scuole che non hanno a cuore le fatiche di chi l’istruzione contribuisce a farla andare avanti.
Questa si chiama “mala università” ed è un costume difficile da cambiare.
Evidentemente non è poi così importante, come invece ci vogliono insegnare a scuola, fare tesoro del passato per comprendere il presente. Una tesi è in molti casi un ammasso di cartacce poco interessanti il cui “peso” non vale la pena di sostenere.
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Si Alberto, condivido…E’ una tematica che racchiude in sè tanti argomenti minori – e di non minore importanza – riguardo l’istruzione e la meritocrazia che in questo paese contano davvero poco. Le tesi gettate nella spazzatura sono un po’ il simbolo di tutto ciò!
Si Alberto, condivido…E’ una tematica che racchiude in sè tanti argomenti minori – e di non minore importanza – riguardo l’istruzione e la meritocrazia che in questo paese contano davvero poco. Le tesi gettate nella spazzatura sono un po’ il simbolo di tutto ciò!
Ho molto apprezzato questa parte dell’articolo:
“Non che tutti gli universitari d’Italia siano animati dagli stessi buoni propositi, ma credo che se anche il meno capace, il meno brillante e volonteroso, trovasse in un cestino dei rifiuti il sunto dei suoi anni di studio, si sentirebbe come minimo disprezzato. Si, disprezzato, deluso e parecchio incazzato! Se nemmeno voi signori professori e signori presidi, pensate che valiamo qualcosa usciti dalle vostre aule, che diavolo ci laureiamo a fare?”
Spesso il messaggio che arriva e che in molti cercano di mandare, e cioè quello della presunta “meritocrazia” (che tra parentesi non esiste) è qualcosa di aberrante, quasi darwiniano (nel peggior senso del termine), sostanzialmente crudele.
Si dimentica (o si vuol far dimenticare) la base egualitaria del “da ciascuno secondo le sue capacità” che l’istruzione – quantomeno quella pubblica statale – dovrebbe saper lasciare a tutti.
Certamente è innegabile che ci sia anche chi non osa neanche pensare d’impegnarsi (in qualsiasi caso non generalizziamo), ma il mondo dell’istruzione dovrebbe saper “recuperare” e, appunto, istruire anche queste persone.
La Scuola (nel senso più ampio del termine) deve insegnare la solidarietà, la socialità, l’uguaglianza. Essa non può lasciare indietro alcuni perché “poco meritevoli”…Chi sa, magari questi “poco meritevoli” sono semplicemente degli sfortunati che hanno potuto studiare poco eo male per un qualunque motivo e non hanno avuto le stesse possibilità di un presunto “meritevole” che ha potuto studiare in un ambiente più stimolante in cui ha avuto accesso perché magari richiedeva anche maggiori oneri economici.
Bravi si diventa, non si nasce.
Si può fare un’analogia con gli USA, dove i “meritevoli” (gente con i soldi) può studiare nelle costosissime scuole private mentre i meno abbienti portano i propri figli nelle scuole pubbliche che, è risaputo, negli States sono pessime, dei veri e propri ghetti dove non esiste alcuna istruzione degna di essere chiamata tale. Aberrante.
Ho molto apprezzato questa parte dell’articolo:
“Non che tutti gli universitari d’Italia siano animati dagli stessi buoni propositi, ma credo che se anche il meno capace, il meno brillante e volonteroso, trovasse in un cestino dei rifiuti il sunto dei suoi anni di studio, si sentirebbe come minimo disprezzato. Si, disprezzato, deluso e parecchio incazzato! Se nemmeno voi signori professori e signori presidi, pensate che valiamo qualcosa usciti dalle vostre aule, che diavolo ci laureiamo a fare?”
Spesso il messaggio che arriva e che in molti cercano di mandare, e cioè quello della presunta “meritocrazia” (che tra parentesi non esiste) è qualcosa di aberrante, quasi darwiniano (nel peggior senso del termine), sostanzialmente crudele.
Si dimentica (o si vuol far dimenticare) la base egualitaria del “da ciascuno secondo le sue capacità” che l’istruzione – quantomeno quella pubblica statale – dovrebbe saper lasciare a tutti.
Certamente è innegabile che ci sia anche chi non osa neanche pensare d’impegnarsi (in qualsiasi caso non generalizziamo), ma il mondo dell’istruzione dovrebbe saper “recuperare” e, appunto, istruire anche queste persone.
La Scuola (nel senso più ampio del termine) deve insegnare la solidarietà, la socialità, l’uguaglianza. Essa non può lasciare indietro alcuni perché “poco meritevoli”…Chi sa, magari questi “poco meritevoli” sono semplicemente degli sfortunati che hanno potuto studiare poco eo male per un qualunque motivo e non hanno avuto le stesse possibilità di un presunto “meritevole” che ha potuto studiare in un ambiente più stimolante in cui ha avuto accesso perché magari richiedeva anche maggiori oneri economici.
Bravi si diventa, non si nasce.
Si può fare un’analogia con gli USA, dove i “meritevoli” (gente con i soldi) può studiare nelle costosissime scuole private mentre i meno abbienti portano i propri figli nelle scuole pubbliche che, è risaputo, negli States sono pessime, dei veri e propri ghetti dove non esiste alcuna istruzione degna di essere chiamata tale. Aberrante.