Cronaca

La 'Ndrangheta a Nord, non solo pizzo. Il caso della Blue Call.

‘Ndrangheta a Nord, non solo pizzo. Il caso della Blue Call.  Seconda parte

A questo punto entra in scena un prestanome incensurato, di appena 21 anni, Michelangelo Belcastro,  nominato amministratore unico della Blue Call dai Bellocco , che prendono così il controllo gestionale dell’azienda. Stipendi a ignoti senza contro-prestazione, drenaggi di denaro tramite bonifici e pagamenti senza fattura crescono esponenzialmente, anche per sostenere la latitanza di Umberto Bellocco, sul quale pesa dal marzo 2011 un mandato di cattura per traffico di stupefacenti. Nonostante il giovane sparisca per più di un anno dalla scena, nulla all’interno della Blue Call sembra cambiare. Andrea Ruffino viene infatti estromesso dalla proprietà.

traffico di stupefacenti

Emilio Fratto è preoccupato per come sta degenerando la situazione ed escogita una maniera per liberarsi dei malavitosi, provando a liquidarli. Il disperato tentativo non si dimostra però risolutivo. Ruffino, ancora convinto di poter gestire la ditta, cerca poi di bloccare alcuni pagamenti destinati ai Bellocco, ma gli arrivano presto le prime minacce. Con Fratto e Tommaso Veltri spera allora di liberarsi degli uomini della cosca dividendo l’azienda in due: dal giugno 2011 la Blue Call formalmente non esiste più, avviene infatti un rapido passaggio di quote e soci, per tentare di destabilizzare l’ingerenza mafiosa.

Ma la criminalità organizzata possiede delle risorse disarmanti…

In un’intercettazione telefonica l’amministratore di una delle nuove società neo-nate, la Future s.r.l. , racconta a Ruffino che un certo Longo ha voluto mettere in chiaro la sua contitolarità all’interno della ditta: “Lui va e viene come gli pare e piace perché qui è casa sua”

Secondo un testimone occultato, Ruffino prova a far confluire il flusso di denaro nelle casse di un partner d’affari, Gaetano Raspagliesi (mai indagato), della Melodica s.r.l, sperando che possa in qualche modo coprirgli le spalle, data la vicinanza con il ministro La Russa di cui è cognato. Raspagliesi è un manager potente e rispettato, il cosiddetto “prestanome di lusso” di Ruffino, il quale racconta a  due amici al telefono:

“Ho preso le botte… […] Mi liquidano le quote e basta adesso, non vado più lì… vado avanti solo con Gaetano. […] ll potere che c’ha Gaetano è una cosa incredibile, se non c’era lui perdevo tutto”

Ma Longo si fa subito vivo per chiarire che la nuova operazione è  inutile, così come la presenza del nuovo socio. Pronuncia infatti la nota frase :

“Le quote non è che si contano, si pesano”.

Risultano dunque vani tutti i tentativi di liquidare i Bellocco, che continuano a procedere con finte assunzioni e costanti prelievi di denaro.

A Rende, a metà 2012, ai dipendenti non viene rinnovato il contratto e inizia la cassa integrazione.

Giungono le notizie dei primi arresti, così come del sequestro della Blue Call. I dipendenti e i collaboratori della sede di Rende non sembrano però aver percepito la realtà delle cose, sottolineando che dal loro punto di vista lo Stato li ha lasciati in una situazione peggiore di quella instaurata dalla ‘Ndrangheta. Il fallimento della società non sarebbe colpa, secondo gli ex-dipendenti, nè dei malavitosi, nè degli imprenditori corrotti.

blu call srlEppure sembrava chiaro a tutti che entrambe le parti accusate avessero usato la Blue Call come un vero e proprio bancomat.

Nel servizio di LA7, un coraggioso ex dipendente chiama da parte Gianluigi Nuzzi e i suoi operatori, svelando presenze “esterne” durante la riunione dei lavoratori calabresi sopra citati. Una persona era lì, confusa tra la folla, per controllare le dichiarazioni: niente di meno che il nipote di Longo, accompagnato da un “facility manager”. Il testimone, che viene anch’egli occultato, spiega che qualche anno prima una ditta di nome Omnia gestiva molti call centers dislocati in tutta Italia, prendendo le commesse dai clienti e dandole in subappalto alle aziende. Nel 2009 Omnia era fallita e la Blue Call non aveva ricevuto il denaro accordato. Con un debito di circa un milione di euro, la società si era rivolta quindi al Grande Aracri. I Bellocco sono subentrati successivamente, sotto richiesta dei gestori stessi della Blue Call, per far fronte alle pressioni crescenti del clan di Isola di Capo Rizzuto.

“La situazione era chiara a tutti… i rapporti con le cosche erano chiari. Eravamo tutti lì quando sono venuti i Bellocco [….] Questa persona (facility manager) diceva: – Ma tu sai quante persone ci sono in busta paga che non conosci?- Quelle persone erano assunte da noi […] Qui si vive con l’omertà... Io quando avevo bisogno, raramente sono rimasto indietro con gli stipendi. Se magari mi serviva, lo chiedevo e mi veniva fatto il giorno dopo e stavo zitto con gli altri, perché qua la situazione è questa… Qui è così, per cui convivi con queste persone e alla fine ti trovi anche a chiedergli aiuto per delle cose che ti spettano“.

Alla domanda di Nuzzi “Che bisogna fare?”, il ragazzo risponde amaramente:

” Andarsene… Cambiare le cose non si può… Siamo noi che siamo così, possiamo cambiare noi stessi?”

Nel novembre 2012 vengono arrestate 25 persone fra Milano e Rende, collegate alla vicenda Blue Call, fra cui Andrea Ruffino e Tommaso Veltri. Nel dicembre 2012 viene preso anche il commercialista Emilio Fratto, che ha chiesto poi un patteggiamento al giudice di un anno e 10 mesi. La grossa operazione di perquisizioni e arresti  porta al sequestro di beni e aziende per 2,5 milioni di euro. L’inchiesta è stata condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria insieme alla Procura di Palmi, in collegamento investigativo con la Dda di Milano e con la Procura federale svizzera.

La più triste delle realtà è la percezione troppo spesso condivisa che lo Stato non aiuti la gente, cosa che invece sembra capace di fare la criminalità organizzata. In questo periodo di crisi sempre più imprenditori si rivolgono consapevolmente a membri di cosche mafiose che stanno mettendo rapidamente radice in tutta la penisola italiana.

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