Politica

I sette anni di "Re" Giorgio Napolitano

E’ della storia il giudizio definitivo, ma questa volta la storia si ripete. E’ la prima volta nella vita della repubblica che un capo di stato venga rieletto. Ad aspettare Giorgio Napolitano c’è un nuovo settennato e le premesse annunciano la difficoltà del compito.

I sette anni di Re Giorgio napolitano

Una vita in politica. Aderisce al Partito Comunista nel 1945 e nel 1953 viene eletto deputato nella circoscrizione di Napoli. Presidente della Camera dal 1992 al 1994, ministro dell’Interno dal 1996 al 1998 con il governo Prodi. Nominato senatore a vita nel 2005. Il 10 maggio del 2006 è eletto alla quarta votazione undicesimo Presidente della Repubblica italiana. Il 20 aprile 2013 viene rinnovato il suo mandato.

Napolitano ha affrontato uno dei periodi più duri della storia d’Italia. Non è un caso se il New York Times l’ha ribattezzato “Re Giorgio”. Dagli scontri con Berlusconi alla crisi, Napolitano è passato da essere un’autorità ad essere un potere.

Sette anni che per certi versi sono sembrati molti di più: intercettazioni e polemiche con la procura di Palermo, malevolenze grilline e dissapori con Monti e il Pd, critiche sulla nomina dei dieci saggi dopo lo sfinimento elettorale. Sette anni molto lunghi fatti di moniti e controfirme.

Una figura seria in un Paese che spesso ha fatto dei buffoni i protagonisti della vita politica. Per questo amato dal popolo. Un reduce da una classe politica estinta. Un ex “comunista moderato” a cui sono stati dati molti aggettivi: riformista, liberale, british. L’ “ultimo comunista”, secondo la definizione di Pasquale Chessa.

Nel 2007 disse: “Ho visto l’Italia che dal sud al nord vuole crescere e che sa di dover affrontare sfide difficili”. A Napoli giocando con i bambini di Scampia ha mostrato il suo aspetto meno distante e meno freddo. Nel 2010 critica le visioni secessioniste: “Chi immagina separazioni coltiva un autentico salto nel buio”. Angosciato dalla crisi: “Da quando l’Italia è stata investita dalla crisi siamo immersi in un angoscioso presente”.  Critica l’antipolitica: “Il disprezzo per la politica non porta da nessuna parte. La politica non deve ridursi a cieco conflitto”.

A volte contestato: c’è chi non riesce a perdonargli di aver apposto la sua firma su tante leggi vergogna a cominciare dal Lodo Alfano, cancellato poi dalla Corte costituzionale e per finire con il legittimo impedimento abrogato con un referendum. Più esposto, invece, sulle intercettazioni e il “decreto Eluana”.

Con il 150 esimo dell’Unità d’Italia raggiunge il massimo dell’apprezzamento da parte degli elettori. Prudenza e decisione per affrontare la crisi di governo e la nomina di Monti, per riconquistare la fiducia della Merkel e di Obama.

Il suo settennato è stato costellato da tanti avvenimenti e assunzioni di responsabilità. Tuttavia, nella confusione generata dai risultati elettorali e nell’incertezza dei mercati Napolitano sembra rappresentare un’ancora di salvezza, un punto fermo. In nome della sua fermezza gli è stato chiesto di rinnovare il suo impegno.

Nel 2008, la moglie Clio disse: “Il Quirinale non è una passeggiata di salute”. Speriamo che Napolitano sia in forma per il secondo Quirinale che lo aspetta.

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