Politica

Siria, i motivi di una guerra

Alla vigilia di un possibile intervento militare, già strutturato e pianificato dagli alti vertici militari della NATO, andiamo ad analizzare le ragioni che hanno posto la Siria in questo stato di conflitto interno.

Assad

Questo paese, che si pone in un area strategicamente importante nell’area del Mediterraneo, ha iniziato la sua crisi nel marzo del 2011 quando nella città di Dar’a, nella zona meridionale del Paese, 14 ragazzi sono stati arrestati e torturati per avere scritto uno slogan: “The people want the downfall of the regime”, slogan questo che è stato emblema della Primavera Araba. Da quel momento le proteste dell’opposizione si sono moltiplicate in tutta la regione. Gli oppositori chiedevano maggiore libertà, più democrazia e soprattutto le dimissioni del presidente Assad. La reazione dell’esercito e della polizia sono state molto dure. Facendosi forte del decreto del 1963 che vietava manifestazioni pubbliche, non ha esitato a mettere in atto una massiccia repressione uccidendo e ferendo centinaia, forse migliaia di dissidenti.

Il presidente Bashar Al-Assad è un dittatore autoritario succeduto al padre Hafiz Al-Assad che ha guidato la Siria per trent’anni vestendo i panni del dittatore e soffocando con la forza e l’incarcerazione ogni forma di opposizione. La sua ascesa al potere è avvenuta nel 1963 con un colpo di Stato rendendo di fatto il partito Ba’th l’unico partito di governo. L’attuale presidente si è decisamente rifiutato di dimettersi dal suo incarico preferendo un arroccamento difensivo ad oltranza pur promettendo sostanziali cambiamenti strutturali nella forma istituzionale dello Stato, cosa per altro mai avvenuta. Da qui lo scatenarsi di una vera e propria guerra civile che da 2 due anni sta devastando il Paese e che rischia di minacciare i delicati equilibri dell’area mediorientale coinvolgendo, direttamente e indirettamente, i paesi confinanti e adesso le Nazioni Unite che stanno decidendo di intervenire prima che la situazione siriana possa incendiare tutta l’area del Mediterraneo.

L’incognita che preoccupa gli analisti è che, data la composizione etnica e religiosa della Siria porrebbe in contrapposizione cristiani e altre minoranze (sciiti, druidi e ismaeliti) contro gli estremisti sunniti, dando al conflitto una pericolosa connotazione di “guerra religiosa”.

Alla luce di questi fatti quindi, quanto sarebbe decisivo un intervento militare della NATO? E quanto sarebbe più utile invece convincere Assad a rivedere con occhio più conciliante le richieste della popolazione?

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