Cronaca

Un Appello, una storia, una paura. Il buio di Mariagnese Vaboni

Di Mariagnese Vaboni, il buio

Ho sempre avuto paura del buio, mi terrorizza sapere che sono sola a casa la sera perché ho paura di rimanere al buio, ho paura del vuoto che sento intorno a me pur sapendo che ci sono mille oggetti. Mi sono sempre chiesta perché né i miei figli né mio marito hanno questa paura e alla fine sono riuscita a darmi una spiegazione, io sono stata abbandonata, ho visto intorno a me il buio dell’abbandono, del non sapere chi mi teneva in braccio, profumi sconosciuti che mi toccavano, mi accarezzavano automaticamente come si accarezza un gattino quando lo si incontra per strada.

La divisione del buio di Makoto Sasaki
La divisione del buio di Makoto Sasaki

Tutto accadde 58 anni fà -era il 1954- quando una giovanissima ragazzina conobbe per la prima volta l’amore. Per lei era qualcosa di meraviglioso, diventava donna ed era amata da un ragazzo giovane come lei. Due piccoli cuccioli che cercavano di crescere insieme. Purtroppo nessuno disse loro che da quell’amore poteva sbocciare un fiore stupendo, un fiore che avrebbe avuto tante cose in comune con loro, i lineamenti del viso, il colore dei capelli o magari dei loro occhi, ma soprattutto che avrebbe avuto lo stesso loro sangue. Quando capirono quello che stava succedendo fu subito felicità, erano loro stessi dei bambini e non capivano quale mente contorta potevano avere gli adulti. I loro genitori infatti, dopo il primo imbarazzo, fecero buon viso a cattivo gioco e cercarono di far credere loro che tutto andava bene, che li avrebbero aiutati e che erano felici dell’arrivo di un nipotino.

Chissà, forse li accompagnavano anche a comperare tutto quello che poteva servire ad un neonato, ma nel loro animo avevano già in mente un altro progetto. E così passarono 9 mesi finché un bel giorno, il 21-01-1955, forse in un piccolissimo paese della bergamasca, Mozzo, arrivai io. Era una notte freddissima, fuori nevicava ma il cuore dei due ragazzi era colmo di gioia, non potevano credere che proprio loro due erano riusciti a dar vita ad una creaturina cosi fragile, ma bellissima. Purtroppo la loro felicità durò poco, perché la mente perversa dei loro genitori aveva già programmato tutto. Un’infermiera entrò nella loro stanza poche ore dopo la mia nascita e comunicò a quei due piccolissimi genitori che la loro bambina era morta. La disperazione prese il sopravvento….tutto si fece buio per loro e per me che fui subito portata via dalle braccia della mia mamma per essere data in un istituto, l’IPAMI di Bergamo. che si occupava di bambini abbandonati. Rimasi lì per 10 mesi, fino a quando due angeli mi scelsero, mi portarono a casa loro in Sicilia e mi amarono come loro figlia.

Crebbi nella spensieratezza e nella felicità più assoluta insieme a mio fratello, adottato pure lui cinque anni dopo di me. Un giorno però a causa di una lettera spedita da mia mamma -che era andata a Bergamo a prendere mio fratello- a mio papà -che era rimasto in Sicilia per lavoro- capì che c’era qualcosa che non andava e incominciai a sospettare che sia io che mio fratello eravamo adottati. Lasciai cadere la cosa, li amavo troppo e capivo che se loro non volevano che io sapessi era perché mi volevano proteggere. Purtroppo all’età di 28 anni persi mio padre e proprio il giorno del suo funerale mi feci coraggio e chiesi a mia zia di confermare i miei sospetti. Eravamo sole nella camera da letto dei miei insieme a mio marito e ricordo ancora come il suo sguardo andò subito verso di lui e i suoi occhi si fecero lucidi. Mi disse che i miei sospetti erano veri, ma che non dovevo preoccuparmi perché ero stata abbandonata davanti ad una chiesa avvolta in una coperta.

Io credetti a questa storia e per anni ho odiato la mia mamma naturale perché non capivo il motivo per cui non mi aveva voluto tenere con lei. Dopo qualche anno dalla morte di mio padre, la mia mamma adottiva si ammalò di Alzheimer e io l’ho curata per 10 anni portandola anche a casa mia perché non volevo chiudere in un istituto proprio colei che mi aveva portato via dall’orfanotrofio.

Sono stati anni duri e devo ringraziare mio marito e i miei figli che mi hanno aiutato in questo. Alla morte di mia mamma, non sò come mai, mia zia mi raccontò che ai miei genitori naturali, di 14 e 16 anni, avevano fatto credere che io fossi nata morta per potermi dare in adozione senza avere troppe storie da questi due ragazzini. Dopo una lunga indagine durata 2 anni, ho scoperto che al cimitero di Bergamo c’è una bambina nata prematura e morta al Maggiore proprio due giorni dopo la mia nascita per l’esattezza il 23-01-1955,  sò anche il suo nome e il nome dei suoi genitori. Naturalmente la mia potrebbe essere solo una fantasia dettata dal desiderio di trovare la mia mamma naturale e poterle finalmente dire che sono viva. Io non sò se riuscirò mai a porre rimedio a questa ingiustizia, quello che so è che nel nostro Paese ci sono tantissimi figli adottati che hanno delle storie poco chiare e che esiste una legge che vieta a noi adottati non riconosciuti di conoscere le nostre origini se non dopo 100 anni.

Io oggi mi domando, non sarà che ci sono state troppe adozioni sospette e qualcuno ha paura che saltino fuori?
Spero che chi legge questa storia rifletta su questo.

Io l’ho fatto cara Mariagnese… presto altre interviste e materiale importante.

Sheyla Bobba

Classe 1978. Appassionata di comunicazione e informazione fin da bambina. Non ha ancora 10 anni quando chiede una macchina da scrivere come regalo per il sogno di fare la giornalista. A 17 anni incontra un banchetto del Partito Radicale con militanti impegnati nella raccolta firme per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti e decide che avrebbe fatto comunicazione e informazione, ma senza tesserino. Diventa Blogger e, dopo un po’ d’inchiostro e font, prende vita il magazine online SenzaBarcode.it Qualche tempo dopo voleva una voce e ha creato l’omonima WebRadio. Con SBS Edizioni & Promozione si occupa di promozione editoriale e pubblicazione. Antipatica per vocazione. Innamorata di suo marito. Uno dei complimenti che preferisce è “sei tutta tuo padre”.

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