Cronaca

Milan: storia di una tifosa

milan: storia di una tifosa Dopo molti mesi domenica sono riuscita ad andare in trasferta. Fiorentina – Milan è la partita in questione.

Voglio tralasciare ogni tipo di commento “tecnico” e soffermarmi sull’emozione che una tifosa come me prova ogni volta che riesce a tifare per la sua squadra dal vivo.

Premetto che chiunque mi conosca sa benissimo cosa significhi per me il Milan, i miei ex fidanzati possono ancora oggi confermare che alla domanda: ami più me o il Milan, la risposta è sempre stata: “non far domande di cui non vuoi sentire la risposta”. La mia vita è organizzata anche in base alle partite della squadra, e non prendo alcun impegno quando ci sono “i miei ragazzi” in campo.

Proprio come l’amata farebbe con il suo fidanzato, a me non provoca alcun fastidio svegliarmi di domenica mattina alle 7:00, fare 600 km in un giorno, pranzare alle 17:00 e rientrare a casa la sera alle 19:30, se so che posso andare ad urlare il mio amore.

Ritornando a domenica, fortunatamente ho potuto affrontare il viaggio in macchina, ma il panico che ho provato all’uscita del casello di Firenze Sud quando, alle 10:45, mi sono ritrovata davanti il traffico completamente paralizzato, lo dimenticherò difficilmente. La prima reazione è stata quella di controllare su Google Maps i chilometri che mancavano per arrivare allo stadio e la seconda quella di cercare un eventuale parcheggio e continuare a piedi, solo quando la fila ha ricominciato a scorrere, io ho ripreso a respirare normalmente.

Giunti finalmente al Franchi, superata la barriera delle forze dell’ordine preposte a “proteggere” il settore ospiti, il mio cuore ha iniziato a battere sempre più velocemente. Davanti ai miei occhi si è palesato un fiume di gente contraddistinta dagli stessi colori, dai colori che più amo al mondo e che sanno farmi innamorare ogni volta, il rosso e il nero, che per me sono solo ed inevitabilmente sinonimo di Milan. I ragazzi in fila ai controlli di sicurezza intonavano cori a me noti e tanto amati e io non ho potuto in alcun modo evitare di far nascere il sorriso sul mio viso.

Chiunque non segua il calcio, o comunque non tifi, non può capire quello di cui io sto parlando, ma vi assicuro che ben poche passioni legano le persone tra di loro come questo sport. Io ho conosciuto tanti amici grazie al Milan, abbiamo iniziato parlando solo della squadra, delle scelte sbagliate del Mister e dei giocatori che non onoravano quella maglia per cui noi avremmo versato, senza alcun rimorso, lacrime e sangue. Ora, dopo vari anni di conoscenza, si parla di tutto, ci si conforta nei momenti bui della vita, si utilizzano le trasferte o le partite importanti per vedersi, incontrarsi, riabbracciarsi.

Quando si va in trasferta il senso di appartenenza diventa ancora più forte, perché si ha un intero stadio contro, che ti insulta, ti schernisce, e tu, in quel settore minuscolo, devi tirar fuori tutto. Senti il peso di dover far sentire alla squadra la tua presenza, la necessità di non farli sentire soli, l’obbligo di gridare con tutta la tua voce per superare i cori dei padroni di casa. Ogni azione importante si trasforma in un immenso abbraccio, il settore ospiti diventa una sola persona che canta, grida, impreca e soprattutto con un unico, immenso, cuore pulsante. Non esistono più differenze culturali, etniche, politiche o geografiche. Siamo un unico popolo, siamo il popolo milanista, siamo lì per quella maglia che tanto ci fa soffrire, ma che mai potremmo sostituire, e questo ci basta! Ad ogni gol dei diavoli si esulta, ci si abbraccia con chiunque ti stia vicino, ad ogni gol avversario ci si fa forza a vicenda.

La magia si estingue poco dopo il triplice fischio dell’arbitro. Dopo aver salutato la squadra, dopo aver in ogni caso battuto le mani ai tuoi giocatori che vengono a ringraziarti per il sostegno dato – a prescindere dagli insulti sputati su ognuno di loro fino al secondo prima ed a prescindere dal risultato-.

Ora,  per altri 6 giorni torno ad essere Marika, aspettando Milan – Napoli…

Marika Massara

Nata e cresciuta in provincia di Milano, emigrata in Calabria, adottata da Roma, non posso che definirmi italiana. Amo la mia Calabria, il mare d'inverno e il Rock. Da sempre attenta alla politica (più che ai politici), non posso che definirmi assolutamente di sinistra. Segni particolari: Milanista sfegatata.

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