Cronaca

Racconti brevi: Aria Frizzante. Singhiozzi e amore.

Per i racconti brevi della domenica:

Aria Frizzante. Singhiozzi e amore. 

Aria Frizzante. Singhiozzi e amore.

Dieci anni prima, dopo vent’anni di una relazione segreta, in una notte gelida, mi disse che mi avrebbe lasciata. Me lo aveva detto così, di punto in bianco, seguito subito dopo dai singhiozzi sinceri di un uomo. Aveva pianto, come un bambino, a dirotto. Tra le lacrime aveva sussurrato che per dieci anni non ci potevamo più vedere. Lo aveva detto tra un singhiozzo e l’altro e io ci avevo creduto. Cosa sarebbero stati dieci anni in confronto alla vita che avevamo davanti? Nulla, semplicemente niente. In quei dieci anni lui l’avrebbe lasciata, avrebbe sistemato le cose e avrebbe preparato il nostro futuro. Era uno di quei ricordi a cui mi aggrappavo ogni giorno: il ricordo della sua promessa. Aveva deciso sia il giorno sia l’ora e prima di andare mi aveva baciato. L’unica prova della sua esistenza è nostro figlio e i soldi che ci manda ogni mese, ma da quel giorno non l’ho più visto né sentito.

Era sparito. Ma quei dieci anni di crisi di panico, di pianti, di dolore, di nostalgia, di speranza, di attesa, dieci anni in cui ho continuato ad amarlo, senza sosta né tregua, erano finiti. Quel giorno era arrivato e l’aria pizzicava appena il naso. Era come se in quei dieci anni io non fossi cambiata, non mi fossi mossa dalla nostra panchina. Ero sempre io, la sua amante adorante, sempre pronta per lui, che annullava ogni suo appuntamento per l’uomo che amava. La donna che si era annullata per un amore clandestino. La donna forte che ero stata non c’era più, ormai da tempo. La donna pronta ad affrontare il mondo si era eclissata di fronte ad un uomo dalla gentilezza d’altri tempi. L’arrivo di quel giorno chiudeva un ciclo, quello sarebbe stato il giorno della verità. Per tutti quegli anni non mi aveva mai sfiorato l’idea che lui potesse non presentarsi. Poteva aver scelto sua moglie, poteva essersi dimenticato di me. Quel giorno avrei saputo la verità e a volte la verità ferisce. Mi fermai davanti alla nostra panchina.

Nulla era cambiato, qualche incisione nuova qua e là ma era come se il tempo si fosse fermato. Mi guardai attorno. Come al solito non c’era nessuno. Sorrisi e tornai indietro. Il dubbio ti culla in un limbo piacevole, dove puoi credere in quello che speri e in cui la verità non verrà mai a galla. Io avevo preferito vivere nel dubbio.

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