XV Rapporto di Alma Laurea sulla situazione occupazionale laureati
Il XV Convegno di Alma Laurea che si è tenuto il 12 Marzo all’Università Cà Foscari di Venezia, ha trattato anche della situazione occupazionale dei laureati e ha visto tra i suoi partecipanti Ignazio Visco Governatore della Banca D’Italia il quale ha sottolineato che: “Il capitale umano non è solo quello che si ottiene attraverso la frequenza aule di scuola e università, dove si imparano conoscenze, dalla storia dell’arte alla matematica, fondamentali, ma è dato anche dalle nuove competenze: spirito critico, lavoro di gruppo, capacità di risolvere problemi”. Fondamentale, l’investimento nella conoscenza: “Il capitale umano e l’investimento in conoscenza rappresentano una delle chiavi dell’azione politica: se abbiamo pochi soldi mettiamoli lì”.
Il professor Andrea Cammelli, fondatore e direttore di AlmaLaurea, conferma le difficoltà occupazionali dei laureati ma dice anche che “la laurea continua a rappresentare un forte investimento contro la disoccupazione”, a me quest’affermazione fa ridere abbastanza! Analizzandola ci sono due o tre parole che sono in discordanza fra loro, come per esempio “laurea – investimento” un binomio utopico, soprattutto perché l’investimento dovrebbe essere “contro la disoccupazione”, mi viene da pensare, oltre al danno anche la beffa. È necessaria, se non urgente, una riforma Vera delle Università che riesca a sistemare i danni fatti dalla Moratti prima e dalla Gelmini poi, e naturalmente questa è una chimera in un paese in cui la gente non riesce ancora a capire bene chi ha votato.
La vera urgenza sembra essere il deficit di laureati e diplomati in Italia, il dibattito sulla dotazione effettiva di capitale umano del nostro Paese continua ad alimentare la tesi che, per le fasce più giovani di popolazione, la quota di laureati sarebbe ormai in linea con la media europea. Da ciò conseguirebbe che la questione dell’inadeguato livello d’istruzione terziaria della popolazione italiana dovrebbe considerarsi archiviata. Non è così. Una lettura corretta della documentazione esistente conferma che nel 2010 l’Italia si trovava agli ultimi posti per la quota di laureati sia per la fascia d’età 55-64 anni sia per quella 25-34 anni. D’altra parte le aspettative di raggiungere l’obbiettivo fissato dalla Commissione Europea per il 2020 (40% di laureati nella popolazione di età 30-34 anni), sono ormai vanificate per ammissione dello stesso Governo, il quale ha rivisto l’obbiettivo che più realisticamente si può attendere il nostro Paese raggiungendo al massimo il 26-27%. Inutile, ancorché triste, aggiungere che in questo modo l’Italia, insieme alla Romania, è il paese con l’obiettivo più modesto e molto lontano da quello medio europeo.
Un altro punto su cui vorrei porre la vostra attenzione è questo: “Le lauree triennali non sono poco professionalizzanti” si legge nella sintesi dei riscontri di ricerca di AlmaLaurea, “Se si individuano le lauree triennali professionalizzanti in base all’effettiva occupabilità dei laureati piuttosto che sulle classificazioni internazionali in cui queste sono collocate (di fatto equiparate a quelle di secondo livello), risulta sfatato il mito di una laurea senza sbocchi in quanto poco professionalizzante. La documentazione conferma purtroppo un’altra idea, quella di un Paese che ha difficoltà a valorizzare il capitale umano più qualificato”. Senza dubbio ogni laurea è “professionalizzante” e meno male,direi, è l’unica cosa che ti fa stare meglio quando in realtà il valore occupazionale di una laurea triennale è pari a zero.
In parte questa volta AlmaLaurea conferma lo scenario quasi apocalittico verso cui si avvia ogni studente che decide di Iscriversi all’Università, ma sappiate che siamo in tempi di Cambiamento, qualcosa succederà, e speriamo che questo nuovo governo che sorgerà riuscirà a riportare alla vita l’importanza della cultura, ormai diventata cenere.
La cosa assurda è che, presentando un corso di studi completo con annesse le relative esperienze, si corre il rischio di sentirsi dire che si è “troppo”. L’ironia si spreca.
La cosa assurda è che, presentando un corso di studi completo con annesse le relative esperienze, si corre il rischio di sentirsi dire che si è “troppo”. L’ironia si spreca.