Cronaca

Pedofilia, la valle buia del peccato

images[1]Catalogata tra le parafilie, la pedofilia ha origini antiche. Il termine pedofilia (dal greco pais che significa fanciullo e philìa amore) significa letteralmente amare i fanciulli, provare una particolare attrazione verso i bambini adolescenti a prescindere dal loro sesso ma potrebbe anche significare predisposizione naturale dell’adulto verso il fanciullo o intendersi come forma educativa o pedagogica. Già nell’epoca classica , ad Atene, ma anche antecedentemente a Sparta, erano frequenti le relazioni sessuali tra adulti maschi e adolescenti che maturavano all’interno di rapporti di crescita spirituale, attraverso i quali l’adulto trasmetteva all’adolescente le virtù del cittadino. A questo tempo, più che di pedofilia, si parlava di pederastia, intendendosi con tale termine una relazione sessuale tra un adulto e un minore in età compresa tra i dodici e i diciotto anni. L’amore per gli adolescenti costituiva, nell’antica Grecia, una prassi consentita dalla legge la quale però, allo stesso tempo, vietava severamente i rapporti sessuali con bambini al di sotto dei dodici anni. Alla base della pederastia viene posto il principio dell’istruire, che consiste nel plasmare e guidare l’allievo alla scoperta dell’eros che si concreta in una forma di amore psichico e spirituale dell’adulto verso il discepolo.

Pertanto la pederastia viene considerata lecita e riconosciuta come forma pedagogico- educativa, a differenza della concezione della pedofilia intesa, invece, come relazione sessuale con bambini al di sotto dei dodici anni, illegale e socialmente riprovevole. Si trattava di un modo riconosciuto di formazione delle élite sociali, che traduceva la relazione maestro-allievo. I vocaboli indicanti l’uomo e il ragazzo potevano variare da una città all’altra: per esempio erastes (“amante”) e eromenos (“amato”) ad Atene, eispnelas (“ispiratore”) e aites (“auditore”) a Sparta Per quanto attiene le bambini in particolare a Sparta, Lesbo e Mitilene, ma anche in altre zone della Grecia, donne adulte usavano avere delle amanti tra le adolescenti ed era costume diffuso quello di unirsi alle ragazze prima del matrimonio , nello stesso modo in cui questi riti venivano fatti con i ragazzi da parte di adulti maschi. Le numerose fonti storiche dell’epoca testimoniano che tali pratiche erano fortemente contraddistinte dal loro valore pedagogico e culturale, ma venivano temute come possibili forme di sopraffazione e di abuso in danno di adolescenti. La possibilità di muoversi nella rete, poi, ha moltiplicato gli spazi d’espressione della pedofilia, proteggendo l’anonimato e favorendo scambi tra i pedofili di diversi ambienti e paesi.

Per questa via i pedofili tentano anche di raggiungere i bambini direttamente, di ottenere fotografie e indirizzi e far pervenire loro materiale pornografico allo scopo di allettarli, conquistarli e indurli alla pedofilia. Su Internet, in siti da loro istituiti, molti pedofili sostengono fortemente il loro diritto a poter liberamente manifestare la propria diversità, sempre con l’esplicita assicurazione della negazione della violenza. Sono così comparsi, in questi ultimi anni, documenti più o meno ufficiali da cui emergono forti conflitti interni e manifeste contraddizioni tra i diversi punti di vista. Da un lato, ci sono coloro che rappresentano il bambino come creatura da amare e proteggere, dall’altro quelli che invece lo identificano come soggetto di desideri e istinti sessuali da esprimere liberamente Ad oggi, la pedofilia è un reato punito dal codice penale, certo il progetto in tema di abusi sessuali è ancora in itinere al fine di perfezionare sia la fattispecie di reato, sia le pene da applicare sulla base della maggiore o minore offensività dell’atto che ad esso viene impresso.
Ma esiste davvero il confine tra normalità e perversione?

Anche a me, come a Freud, piace usare con cautela il termine normale. Immagino che noi tutti associamo al concetto di normalità quello di aspettativa, allora è chiaro che finiamo per essere tutti folli agli occhi degli altri. Ogni società produce follie diverse e il codice si plasma insieme alla mente umana. Psicologia e diritto viaggiano di pari passo, occorre, però, un quid pluris, che nessuno insegna: la sensibilità, quella che permette di entrare nella valle buia del peccato senza inciampare.

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