Cronaca

Gioco compulsivo… malattia, non vizio

Malattia o vizio? La medicina definisce Giocatore d’azzardo patologico colui che associa al gioco almeno quattro tra i seguenti comportamenti:

gioco

Coinvolgimento sempre crescente nel gioco d’azzardo;

–  Bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato;

–  Irrequietezza e irritabilità quando si tenta di giocare meno o di smettere;

–  Si ricorre al gioco come fuga da problemi o come conforto all’umore disforico;

 –  Quando si perde si ritorna spesso a giocare per rifarsi;

 –  Si mente in famiglia e con gli altri per nascondere il grado di coinvolgimento nel gioco;

 –  Si compiono azioni illegali;

 –  Si mette a rischio o si perde una relazione importante, un lavoro, un’opportunità di formazione o di carriera a causa del gioco;

 –  Si confida negli altri perché forniscano il denaro necessario a far fronte a una situazione economica disperata, causata dal gioco .

 Nonostante la medicina abbia appunto definito questa una vera e propria malattia, tanto da inserirla tra i disturbi mentali, in Italia si preferisce ancora parlare di vizio. Solo chi è entrato a contatto con uno o più “drogati di gioco” sa che tra questi ed i viziosi c’è una grossa differenza.

Al contrario di quanto accade con chi è assuefatto ad una sostanza stupefacente o all’alcool, inoltre, il giocatore compulsivo difficilmente ammetterà questa sua dipendenza in quanto a differenza del “drogato tradizionale” non arriverà mai ad un punto in cui sarà il suo stesso fisico a chiedere pietà e dovrà obbligatoriamente, pena la morte, accettare di essere aiutato e di aiutarsi.

Per le persone affette da gioco compulsivo diventa infatti tutto molto più complicato. Anche a causa di una dipendenza che non colpisce, almeno non esplicitamente, il fisico e la capacità cognitiva. E che mostra il lato più brutto quando ormai è troppo tardi per fare un passo indietro.

Bisogna innanzitutto partire dall’idea che i giocatori cronici sono spesso e volentieri persone che hanno disturbi legati all’affettività e che iniziano a giocare per trovare quella felicità e quel senso di accettazione che nella vita non hanno mai raggiunto. Nel gioco trovano la madre, la compagnia, la vita che li ha abbandonati e ad ogni vittoria è quasi come se si riprendessero una carezza che le persone amate gli hanno negato nel corso della loro esistenza.

 Il giocatore patologico non si rende conto di quanto il suo comportamento possa distruggere i rapporti affettivi che lo circondano, né è cosciente del fatto che giocando somme sempre più ingenti rischi di portare sul lastrico la propria famiglia ed il proprio lavoro. La crescente spesa economica che si affronta per soddisfare la smania del gioco porta ad intaccare il patrimonio familiare, a richiedere soldi ad amici e conoscenti che a poco tendono ad allontanarsi e ad isolare la persona malata. Quando gli affetti veri provano a restare accanto al giocatore patologico, ad affrontarlo, ad imporgli il divieto del gioco, questo cade in una vera e propria crisi di astinenza, il suo umore diventa nero, si isola, diventa aggressivo verbalmente, e purtroppo a volte anche fisicamente. A livello mentale si sente abbandonato, non capito, accusato di qualcosa che nella sua labile psiche non esiste e che lui non vede. Come i tossicodipendenti dopo la prima fase di negazione passa a quella delle promesse, giurando e spergiurando cose che non sarà mai in grado di mantenere. Rifiutando in ogni caso, quasi sempre, la necessità di entrare in cura psichiatrica.

 Questa malattia non nasce dalla voglia di fare soldi facili, anche se spesso e volentieri è questa la giustificazione che le persone danno a chi abusa del gioco, commettendo così lo stesso errore che fino a qualche anno fa portava a credere che i disturbi alimentari fossero collegati alla voglia di vedersi più belle e più magre e non a problemi ben più gravi e molto più seri. Le famiglie che, per loro sfortuna, al proprio interno si ritrovano con una persona che soffre di questo disturbo vivono in un limbo tanto quanto i nuclei familiari dei “drogati tradizionali”.

 Il vero problema è anche questa volta la presa di posizione dello Stato italiano che pensa di salvaguardare la propria faccia, e la nostra dignità, inserendo una frase alla fine di ogni pubblicità che raccomanda di “Giocare responsabilmente“…  Certo, è come se si chiedesse ad un tossicodipendente di non toccare l’eroina lasciata in bella mostra davanti ai suoi occhi.

 La verità è che il gioco d’azzardo frutta allo stato un bel po’ di quattrini. Per questo negli ultimi dieci anni si sono moltiplicate e facilitate le possibilità di accesso al gioco. Videopoker, gratta e vinci, superenalotto e scommesse sportive sono alla portata di chiunque e non esiste un metodo serio che impedisca al giocatore compulsivo di stare lontano da questi posti.

Io spero soltanto che questo articolo sia letto da qualcuno che ha la possibilità e la capacità di proporre qualcosa di serio per arginare questa dilagante malattia, figlia di un periodo storico in cui l’individualità dell’uomo fa rima con solitudine.

Marika Massara

Nata e cresciuta in provincia di Milano, emigrata in Calabria, adottata da Roma, non posso che definirmi italiana. Amo la mia Calabria, il mare d'inverno e il Rock. Da sempre attenta alla politica (più che ai politici), non posso che definirmi assolutamente di sinistra. Segni particolari: Milanista sfegatata.

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