Politica

Addio a Chàvez, tra populismo e dittatura

5 Marzo 2013, muore a Caracas Hugo Rafael Chàvez Frías, ore 16.25 locali. Malato da quasi due anni, le sue condizioni si erano aggravate negli ultimi giorni.

Chavez

In Italia lo riporta l’Ansa pochi minuti dopo, ore 22:58, e un paio di minuti ancora dopo iniziano ad uscire editoriali, chiaramente in gran parte già pronti, da parte di tutte le maggiori testate online. Questo piccolo dettaglio ha reso la sua morte così macabra, una morte aspettata e colta al secondo. Qualcosa mi ha impedito, ieri pomeriggio, seppur informata sui peggioramenti, di prepararmi una sua biografia o una riflessione su di lui, così, giusto per essere pronta. Quel qualcosa si chiama rispetto per la dignità umana, e prescinde da un mio qualsiasi giudizio sulla persona, è un rispetto dovuto a ogni persona.

Uomo controverso, questo sì, non posso affermare diversamente. La sua biografia va per la maggiore in queste ore, mi pare logico. Le origini umili, l’infanzia con la nonna, l’amore per l’arte militare, lo studio del pensiero e delle azioni di personaggi quali Simón Bolívar, Juan Velasco Alvarado, Marx, Lenin, Antonio Gramsci e Giuseppe Garibaldi, l’arruolamento nell’Accademia militare dell’esercito argentino e il golpe fallito nel 1992 che lo portano al carcere.

Nel 1994 torna in libertà, grazie a un’amnistia, e succede qualcosa. L’Argentina attraversa un momento di grande crisi, i partiti tradizionali sono a un passo dal tramonto, Chàvez, metà politico, metà personaggio televisivo, fonda il suo partito, gira il paese e parla di pancia alla popolazione stanca e delusa, cita personaggi diversi dal Che a Gesù a Mao e li unisce tutti insieme, in un gran calderone. Alle elezioni del 1998 trionfa con una maggioranza del 56%. Forse noi siamo troppo arroganti per riflettere sulle affinità con l’Argentina di venti anni fa, ma così iniziò la storia di Chàvez, del dittatore populista. Io un pensiero ce l’ho fatto.

Adesso ho parlato di dittatore populista, sono, in realtà, tanti i nomi, gli appellativi e i caratteri associati a Chàvez. Per alcuni era il miglior difensore della democrazia, per altri uno spietato dittatore; oltre ai giudizi rimangono i fatti, e noi di quelli parleremo, degli atti di un uomo che a Ottobre, nonostante la malattia, ha riconquistato il potere, per la quarta volta consecutiva, con oltre il 50% dei consensi.

Un governo lunghissimo, il suo. Fatto di appoggio verso i più poveri, contro la malnutrizione e l’analfabetismo, attraverso la nazionalizzazione delle terre e delle banche, l’oppressione degli oppositori, di amicizie con i leader più discussi, difesa dell’America Latina nei confronti dell’egemonia dell’USA, riforme sociali. Ma gli anni di Chàvez sono stati caratterizzati anche da un tasso di omicidi in crescita, una situazione delle carceri denunciata fin troppe volte da Amnesty International, un’inflazione che vanta di essere la più alta del mondo, corruzione e clientelismo.

Chàvez è morto, lo ha annunciato il suo vice-presidente Nicolas Maduro. C’è chi lo piangerà, chi ne sarà contento, ma una cosa è certa, ieri è finito un pezzo di storia e non ha fatto realmente in tempo a terminare che le polemiche sono iniziate. Precisamente Lunedì quando il vice presidente ha detto che Chàvez  si è ammalato perché “è stato attaccato come successe con il leader palestinese Yasser Arafat”, aggiungendo che una commissione speciale di scienziati sono a lavoro per validare questa tesi. Ha inoltre denunciato l’esistenza di un piano per destabilizzare il Paese nascosto dietro alla malattia del presidente.

Da Washington fonti ufficiose parlano di apertura al dialogo anche se ancora non si sa chi, in Venezuela, prenderà il potere. Secondo la legge, in caso di morte del presidente il suo posto spetta al vice ma l’Assemblea Nazionale potrebbe indire nuove elezioni; ancora niente di ufficiale è trapelato da là, dove sono puntati gli occhi di tutto il mondo.

Sheyla Bobba

Classe 1978. Appassionata di comunicazione e informazione fin da bambina. Non ha ancora 10 anni quando chiede una macchina da scrivere come regalo per il sogno di fare la giornalista. A 17 anni incontra un banchetto del Partito Radicale con militanti impegnati nella raccolta firme per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti e decide che avrebbe fatto comunicazione e informazione, ma senza tesserino. Diventa Blogger e, dopo un po’ d’inchiostro e font, prende vita il magazine online SenzaBarcode.it Qualche tempo dopo voleva una voce e ha creato l’omonima WebRadio. Con SBS Edizioni & Promozione si occupa di promozione editoriale e pubblicazione. Antipatica per vocazione. Innamorata di suo marito. Uno dei complimenti che preferisce è “sei tutta tuo padre”.

4 pensieri riguardo “Addio a Chàvez, tra populismo e dittatura

  • Girare per Roma e vederla tappezzata di manifesti che esaltano quest’uomo è a dir poco sconvolgente! ù_ù

  • Girare per Roma e vederla tappezzata di manifesti che esaltano quest’uomo è a dir poco sconvolgente! ù_ù

  • Petronilla Franca Campiglia

    Sono Venezuelana (di ritorno, figlia di emigranti tornati nella propria terra) in questo paese da più di 30 anni e ricordo con nostalgia i bei tempi passati nel mio paese che appena adolescente ho dovuto lasciare per volere dei miei genitori, abitavo nell’interland della nazione… Barinas.. una ridente cittadina al centro di una pianura sconfinata dove l’Ecuatore e il suo paralellismo picchiava sulle nostre teste a ben 40° all’ombra… non poco lontano si trovava Sabaneta il luogo di nascita del Caudillo Chavez, e ricordo il giorno in cui Io e mio padre davanti al nostro camino schioppettante di legna da ardere nel lontano 98 o 99 feci il nome di Chavez, più o meno in questi termini: “sai papà c’è uno che si chiama Chavez che è di Sabaneta e che diventerà il presidente della repubblica del Venezuela” ricordo come fosse ieri, si voltò tolse la perenne sigaretta dalle labbra, sbottò in una nube si fumo e disse.. chi?? quel pazzo !?!?…. e mi raccontò di averlo incontrato nei lontani anni 80 e di averlo ospitato a pranzo a casa poichè mio padre intratteneva affari con la sua famiglia, lo ricordava con l’uniforme della “guardia civil” ma sopratutto ricordò il saluto di sinistra di cui le fece omaggio e il suo blaterare di futuri fuori dall’egemonia Americana e della necessità di allontanare tutti gli stranieri usurpatori delle ricchezze della sua terra.. e li mio padre fece un’altra tirata di catrame dalla sua sigaretta e per l’ennesima volta ringraziò il Signore di essere scappati via da una terra che ci aveva dato tanto ma che il “caudillo” voleva ridonare ai legittimi proprietari.. I Venezuelani.

  • Petronilla Franca Campiglia

    Sono Venezuelana (di ritorno, figlia di emigranti tornati nella propria terra) in questo paese da più di 30 anni e ricordo con nostalgia i bei tempi passati nel mio paese che appena adolescente ho dovuto lasciare per volere dei miei genitori, abitavo nell’interland della nazione… Barinas.. una ridente cittadina al centro di una pianura sconfinata dove l’Ecuatore e il suo paralellismo picchiava sulle nostre teste a ben 40° all’ombra… non poco lontano si trovava Sabaneta il luogo di nascita del Caudillo Chavez, e ricordo il giorno in cui Io e mio padre davanti al nostro camino schioppettante di legna da ardere nel lontano 98 o 99 feci il nome di Chavez, più o meno in questi termini: “sai papà c’è uno che si chiama Chavez che è di Sabaneta e che diventerà il presidente della repubblica del Venezuela” ricordo come fosse ieri, si voltò tolse la perenne sigaretta dalle labbra, sbottò in una nube si fumo e disse.. chi?? quel pazzo !?!?…. e mi raccontò di averlo incontrato nei lontani anni 80 e di averlo ospitato a pranzo a casa poichè mio padre intratteneva affari con la sua famiglia, lo ricordava con l’uniforme della “guardia civil” ma sopratutto ricordò il saluto di sinistra di cui le fece omaggio e il suo blaterare di futuri fuori dall’egemonia Americana e della necessità di allontanare tutti gli stranieri usurpatori delle ricchezze della sua terra.. e li mio padre fece un’altra tirata di catrame dalla sua sigaretta e per l’ennesima volta ringraziò il Signore di essere scappati via da una terra che ci aveva dato tanto ma che il “caudillo” voleva ridonare ai legittimi proprietari.. I Venezuelani.

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