Cronaca

Stavo immaginando la fine perfetta.

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Stavo immaginando la fine perfetta.

Mi hanno insegnato che una buona storia deve finire con un matrimonio o con un funerale. Come se non ci fossero alternative: o ti sposi, o muori. Che, per me, le due cose hanno più o meno lo stesso significato.

Analizziamo al meglio la situazione.

Allora, tutto ha un inizio, e fin qui nulla da obiettare. Nel momento in cui una cosa inizia, però, deve anche finire, in caso non sia così, voglio, pretendo, esigo, boccali di birra senza fine. Quindi, dicevamo, se inizia, finisce, come la nevicata di oggi.

Sulla morte, ok, mi sembra ragionevole, è una fine, essenzialmente perché non sappiamo cosa e se c’è effettivamente qualcosa dopo, ed è abbastanza palese che una volta morti, la situazione non sia reversibile, lasciando perdere i vari vampiri che popolano il nostro immaginario collettivo.

Sul matrimonio, sono ancora più d’accordo, fine dei giochi, fine delle uscite, fine della disperata convinzione di essere soli al mondo, fine delle bollette da pagare da sola, fine dei problemi sui metodi contraccetivi, fine dei tacchi scomodi, fine delle tormentate telefonate del tuo ex, fine dei collant che modellano il corpo. Fine. The End. Das Ende.

Ma è necessario che solo questi due epiloghi vadano a formare una Buona storia? Magari una storia finisce bene anche senza nessuno avvelenato per amore, o che sposa una brava ragazza, incurante del suo passato torbido da accompagnatrice di uomini.

Magari si trova un antidoto, magari lui vuole girare il mondo su una tavola da surf – aggiungendoci in caso di cemento delle rotelle – e non sistemare quel fazzoletto di giardino per il resto della sua vita.

Insomma, il concetto di fine è personale quanto l’apparecchio dei denti. A te va bene, a me non è che proprio faccia impazzire l’idea di mettermi in bocca la tua stessa ferraglia.

E quindi, quale sarà il finale di questo pezzo? Il mio preferito: il finale aperto.

Cosa ne pensi?

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