Quando eccesso di pubblico e di Stato stravolgono il mercato
La presenza, direi invadenza, del pubblico nella vita economica del Paese continua a comportare danni che ormai non sono nemmeno più quantificabili: la presenza dello Stato, degli enti locali, degli enti pubblici in generale consente alla politica, ai partiti, di depredare la ricchezza del nostro Paese. Non c’è via di scampo: quando si sostituisce in modo massiccio il pubblico al privato o il privato dipende dal pubblico si chiude ogni possibilità di una gestione delle risorse in modo efficace, efficiente e consono allo scopo che si vuole raggiungere. Tutta una serie di enti, società, agenzie, ma anche associazioni riconducibili al privato sociale continuano ad essere strumento per drenare soldi, assunzioni e voti per chi gestisce la cosa pubblica: i partiti.
Facciamo alcuni esempi per il Lazio. Il caso Astral, una delle numerose società regionali del Lazio, Regione che tra società operative dirette o indirette ed escludendo le partecipazioni minori, è ad una quota che supera le 20 unità. Astral sta per Azienda Strade Lazio S.p.a., e la sua mission parla chiaro: “progettare, appaltare ed eseguire interventi di completamento e adeguamento della rete viaria e svolgere funzioni tecniche di gestione e manutenzione straordinaria”, quindi ha in mano una consistente parte delle strade nel Lazio, e tra poco se ne verranno ad aggiungere altre. Perché la vicenda di questa società regionale è sintomatica di un andazzo che ormai appare intollerabile a tutti? Si è arrivati all’ipotesi di portare i libri in tribunale con il rischio concreto di un bilancio non approvato.
Andiamo ai fatti, tutti ampiamente documentati anche dalla stampa, quindi nessun addetto ai lavori poteva non sapere. Nel 2008 un presunto scandalo inerente assunzioni e consulenze “d’oro” coinvolse l’azienda e, dopo una serie di interrogazioni a livello di Consiglio regionale e parlamentare -tra le quali risulta una denominata “Scandalo Astral” presentata l’8 luglio 2008 dal consigliere Tommaso Luzzi , venne istituita una commissione di verifica per accertare quanto riportato dagli organi di stampa. Il Presidente della Regione Lazio era allora Marrazzo.
La commissione di verifica, terminato il lavoro, prese atto del rapporto e del regolamento approvato da Astral invitando l’azienda a seguire le indicazioni conclusive della relazione, nella quale si chiede alla Regione una verifica periodica e continuativa sulla consistenza delle risorse umane, finanziarie e strumentali che deve essere strettamente connaturata alle missioni dell’azienda. Dalle parole ai fatti non cambia nulla, la gestione continua ad essere quella di prima e la situazione non migliora. Il gruppo radicale alla Regione riprende le segnalazioni che già avviarono la verifica due anni prima, su sollecitazione di un movimento politico locale molto attivo a denunciare situazioni di chiara e patente mala partitocrazia territoriale denominato Movimento Libero Iniziativa Sociale. Viene presentata una prima interrogazione con elementi in parte già acquisiti, a cui non viene data risposta, e si chiede accesso agli atti con esito simile, tranne una singola e terribilmente evasiva risposta. In questi casi le richieste sono quasi sempre le stesse: trasparenza, bilanci, organigramma, consulenze, appalti.
Nel frattempo scade il mandato del CdA nominato in epoca Marrazzo, e ora tocca alla Polverini: sulla vicenda cala nuovamente il silenzio, tranne pochi comunicati tra cui quello di Vincenzo Maruccio, capogruppo dell’IdV, nonché ex assessore ai Lavori Pubblici della giunta Marrazzo, che dichiara: “l’unica preoccupazione della giunta Polverini è quella di occupare le poltrone. Così come accaduto con Astral, si sfiducia un consiglio di amministrazione predicando la fuoriuscita della politica dai Cda, ma poi non si nominano tecnici competenti, ma politici della propria fazione, magari da ripescare tra quelli rimasti a bocca asciutta dopo le elezioni regionali”. Come è andata a finire la carriere politica di Maruccio lo sappiamo tutti. Noi constatiamo che sul sito di Affari Italiani viene pubblicato un articolo che rende chiara la deriva: “quando si scende nella profondità della società con sede in un palazzo dell’imprenditore ed editore di quotidiani, si fanno vere e proprie scoperte” e prosegue “Partiamo dalle pubblicazioni. Tra il 2007 e il 2009, la divisione editoriale sforna volumi entusiasmanti … se poi sulle consolari manca la segnaletica, ci sono le buche e gli attraversamenti pedonali sono esercitazioni per killer, non conta” e prosegue “Ma è sul fronte delle assunzioni e delle consulenze che l’Astral si distingue per attivismo. Nonostante il bilancio 2010 evidenzi una liquidità di oltre 45 milioni di euro, le previsioni di spesa sono fissare a 73,5 milioni e così parte una politica dissennata di gestione del personale. Da dicembre 2009 ad aprile 2010 vengono erogati superminimi ad personam pari a 30 mila euro. Ma si era già superata con 182 mila euro destinati a due dipendenti che sei mesi dopo vengono promossi dirigenti. Uno è il nipote del presidente, l’altro il suo capo segreteria. Nel periodo pre elezioni regionali del 2010 Astral è da record: rinnova per 5 anni il contratto al direttore generale già licenziato nel 2009, con due anni di anticipo rispetto alla scadenza; elargisce due consulenze da brivido: la prima all’ex direttore degli Affari generali, Angelo Cacciotti che da dipendente risolve il contratto con una buonuscita da 100 mila euro e un nuovo contratto da 60 mila per tre anni per 120 giorni lavorativi l’anno; la seconda a Raimondo Besson, l’esperto di acqua del centrosinistra, già vicepresidente di Acqualatina”.
Entra in campo un nuovo CdA e un nuovo Presidente, chi è? Quel Tommaso Luzzi che presentò nel 2008 l’interrogazione di cui abbiamo parlato in merito allo scandalo Astral, non fu rieletto dopo l’ormai famoso pasticcio della presentazione delle liste PDL, ma sicuramente era da ricompensare o far tacere. Il 6 dicembre 2011 avviene l’audizione dei vertici aziendali presso la commissione Lavori Pubblici, si parla di situazione catastrofica, di gestione definita “allegra”, di situazione non facile da ricostruire, di contabilità pittoresca, di fine della continuità aziendale con bilancio non approvato, di libri da portare in tribunale, di tanto altro che vi risparmio. Sul sito ufficiale della Regione si parla solo di “situazione definita da tutti complicata”. Dal 2008 al 2012 nessuno ha fatto nulla!
Tra sprechi, assunzioni su chiamata diretta, consulenze ed appalti non solo le società sono Regione Lazio, c’è anche l’associazionismo.
Quando un rifugiato vale, più o meno, 37 euro al giorno. E’ questa la cifra che le cronache locali attribuiscono al valore di un profugo per le tasche del politico al netto di quanto veniva effettivamente speso per il rifugiato. Il calcolo è presto fatto: 42,50 euro al giorno dalla Regione Lazio per ciascun ospite nelle strutture individuate, poco più di 5 euro la spesa per offrire ad ognuno dei profughi in arrivo dalla Libia un piatto di riso al giorno e un alloggio privo delle più elementari condizioni igienico sanitarie.
E’ il periodo in cui entra in vigore il decreto di emergenza nazionale per i profughi dalla Libia in piena guerra civile, che per il nostro Paese si traduce nella solita ridicola impreparazione a gestire un qualsivoglia problema, con relativo balletto di polemiche e scenari da fantapolitica. La Protezione Civile incarica le Regioni di cercare soggetti privati accreditati e credibili, professionalmente adatti a gestire l’ospitalità dei rifugiati. Nel nostro caso i requisiti per ospitarli vengono avallati dal Dipartimento Programmazione Economica e sociale della Regione Lazio, Direzione regionale politiche sociali e famiglia, Area per le politiche migratorie e integrazione sociale.
La Regione Lazio sceglie commettendo un grave errore di valutazione, omette di fare controlli pur previsti dalla legge in maniera dettagliata collaborando all’ascesa di associazioni non del tutto adeguate allo scopo. Ed infatti è questo uno dei filoni dell’inchiesta sulla truffa legata all’accoglienza dei profughi in provincia di Latina per cui scattano immediate le indagini che portano all’arresto nel gennaio del 2012 di 5 persone destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare per i reati di truffa ai danni dello Stato, falso e sostituzione di persona e abbandono di minore ed incapace.
Quando è il pubblico a gestire non si può pensare che dietro non vi sia un partito: ed i partiti per intervenire hanno sempre un prezzo.