Improbabili promesse e indecenti premesse
In questi tempi duri c’è chi inneggia a gran voce l’epilogo di una travagliata era politica ed economica proponendosi come valida alternativa ad un recente passato, autoproclamandosi cura insostituibile e necessaria di una malattia che ha colpito e danneggiato il sistema e le funzioni vitali di un paese sempre più in balia della cattiva amministrazione, di una gestione che sovente si è rivelata quantomeno contraddittoria. C’è chi tenta di incantare gli elettori con mirabolanti promesse e folli dichiarazioni puntando su di ancor più spregiudicati programmi di governo.
Ci sono poi i cittadini, i quali, come se non fossero già abbastanza occupati a risolvere le innumerevoli problematiche che quotidianamente bussano alla porta di casa, sono costretti a dover superare sé stessi nel capire quale di questi sedicenti maghi della politica e dell’economia sia effettivamente il “meno Peggio”.
Si, perché tutte queste belle promesse, tutte queste possibili alternative in grado, a quanto sembra, di salvare il nostro paese non possono più essere svincolate da una serie di importanti premesse.
Innanzitutto i proposti leader di partito ed aspiranti presidenti del consiglio sono, nella maggior parte dei casi, gli stessi individui che da più di vent’anni si muovono comodamente tra le poltrone del Parlamento Italiano, rimbalzando da una sedia all’altra, da un colore all’altro, facendosi trasportare e da questa e da quella corrente politica, ogni volta con propositi di buona volontà ed impegno a cambiare ciò che del nostro Paese pare non funzionare.
In seconda istanza, ma non di secondaria importanza, i nostri parlamentari sono coloro i quali nel corso degli anni e durante le legislature più o meno recenti, da ormai due decadi , hanno compromesso la stabilità economica e sociale di un Paese, l’Italia, che ora cerca disperatamente un appiglio per risollevare la propria situazione, per ritrovare la legittima -o forse no- collocazione tra I “Paesi Idustrializzati”
Ora, ragionando brevemente su quanto esposto sopra, sorge spontanea una riflessione: “ Se i personaggi che hanno fatto sprofondare l’Italia nel baratro sono i soliti che ora promettono e ci illudono di poterla salvare, Cosa dobbiamo aspettarci?” Inoltre: “Quali Sono le alternative? Tutti questi Buoni Propositi trovano o hanno mai trovato una concreta Rispondenza?”
Analizziamo i fatti.
Soprassedendo a tutti gli scandali di cui si è fatta biecamente ambasciatrice -condizione francamente intollerabile-, l’ultima amministrazione Berlusconi si proponeva come un governo di stampo liberale, in grado teoricamente di dar sfogo al mercato interno Nazionale, spacciandosi per una leadership capace di risollevare le sorti dell’imprenditoria italiana e di tutti gli attori che direttamente o indirettamente cooperano e/o sono correlati al mercato imprenditoriale.
Ma, tralasciando le promesse tipiche della campagna elettorale, attraverso le quali il leader del Pdl ha soggiogato il suo elettorato, che cosa ha realizzato il Governo Berlusconi? Quali Manovre ha attuato che potessero giovare al sistema impresa e a tutte le voci ad esso vincolate?
La prima cosa a cui penso sono i famigerati tagli lineari.
I tagli lineari sono la più brutale manifestazione di prepotenza politica ed incompetenza in campo economico. Effettuare manovre politico-economiche di questo tipo è un po’ come potare alla base il fusto di una pianta che ha bisogno di liberarsi di due o tre rami putrescenti. Che senso ha uccidere la pianta stessa?
Tornando all’economia concernente la gestione dei ministeri, pare ovvio che ogni settore vive una condizione caratteristica che non può essere equiparata a quella di un settore magari altrettanto importante ma distinto. Ad esempio, l’istruzione ed i trasporti non possono essere trattati con gli stessi criteri di gestione.
L’idea di decurtare in maniera omogenea le ricchezze dei vari ministeri è un’idea scellerata ed improbabile per un paese che voglia ritenersi moderno ed è soprattutto la misura che più si sintonizza con l’ideologia di un regime totalitario -un gesto tutt’altro che liberale-.
Senza divagare, quello dell’istruzione è un settore che in economia politica verrebbe classificato come generatore di ESTERNALITA’ POSITIVE.
Quando si parla di esternalità positive, si considerano tutti i fattori che un determinato settore proprio di un sistema economico è in grado di generare e che condizionino positivamente il mercato, seppur indirettamente. Per chi conosce anche vagamente il mercato ed i suoi funzionamenti, sa che le esternalità generate da un settore produttivo o, anche da una singola unità produttiva, possono influire fortemente sui meccanismi che determinano la situazione di equilibrio del mercato stesso, invero sul suo stato di salute.
Possiamo portare ai lettori un emblematico esempio di come un determinato settore del mercato abbia la capacità di influire su sé stesso attraverso la generazione di Spillovers ed ancora, di provvedere al miglioramento di altre categorie di mercato, ad esso direttamente ed indirettamente connesse.
Ognuno di noi possiede un Personal Computer e, ognuno di noi ne fa uso per i motivi più disparati.
Se ci pensiamo bene però, l’utilizzo del PC, sempre più congiuntamente alle funzioni che la rete globale ci mette a disposizione, offre a tutti noi la possibilità di usufruire dello spillover che secerne nell’Ambiente-Mercato. Ogni operazione di compravendita Online rappresenta per noi e per gli attori del mercato con cui interagiamo un minor costo-opportunità.
Ci permette dunque di guadagnare in termini di velocità, efficienza ed efficacia dello svolgimento delle operazioni, di accelerare il nostro ritmo produttivo, di immergerci in tutto ciò che la rete ci fornisce, valutando le varie opportunità, consentendoci di ragionare secondo uno dei dieci principi dell’economia, il margine.
Se Pier Giorgio Perotto, un italiano, non avesse progettato il P101, probabilmente oggi non potremmo utilizzare software così potenti e non potremmo godere di tutti i vantaggi che questi portano nelle nostre vite.
La domanda che mi sorge spontanea allora è:
“I NOSTRI GOVERNANTI si impegnano o si sono impegnate a finanziare e stimolare quei settori con maggiori possibilità di crescita, in grado di generare esternalità positive o, al contrario, hanno concentrato la propria attenzione su quei sistemi ritenuti POLITICAMENTE PIU’ IMPORTANTI?”
Ed ancora, la ricerca e l’istruzione, che ruolo ricoprono in tutto ciò?
Permettetevi di dare una risposta secca ed inequivocabile.
La ricerca e l’istruzione rappresentano il settore che più di tutti è in grado di guidare un’economia verso uno stato di salute e dinamismo e, no, lo Stato non investe abbastanza risorse in questo settore.
Secondo i dati forniti dall’Istat, nel 2010 l’Italia ha investito in Istruzione e formazione soltanto il 4,6% del suo prodotto interno lordo, preceduta, in ordine non decrescente da:
Repubblica Ceca, Romania, Paesi Bassi, Ungheria, Irlanda, Austria, Malta, Francia, Polonia, Lituania, Finlandia, Belgio, Portogallo, Slovenia, Regno Unito, Lettonia, Estonia, Svezia, Danimarca, Cipro.
Questi dati non hanno bisogno di commenti.
Forse per incompetenza, forse per natura, il governo Berlusconi sembra non aver compreso che l’istruzione può essere il vero valore aggiunto di una nazione che deve cercare in tutti i modi di risalire la china.
Le innovazioni, figlie della ricerca, possono stimolare un processo di miglioramento dei sistemi produttivi, i quali possono giovare della SPECIALIZZAZIONE che, a sua volta, ha la capacità di generare innovazione.
Non è convinzione mia, o meglio, non solo mia, che l’efficacia dell’innovazione tecnologia possa sfociare nei settori industriali e non, in economie di scala e rendimenti di scala costanti, con probabili ripercussioni positive sul mercato del lavoro.
Spesso, troppo spesso, la politica ci parla di tematiche che sembrano lontane anni luce dalla vita reale.
Purtroppo però, ad oggi, i cittadini stanno pagando a caro prezzo questa gestione scellerata e distaccata da parte di chi ci ha governato negli ultimi anni. Non si parla più di ideologia, di destra, di sinistra, di centro, di conservatori e rivoluzionari.
Si tratta di buon senso, di etica, di trasparenza e di contatto con la gente ed i reali problemi del paese. Quella di puntare sull’istruzione sarebbe certamente una scelta di buon senso. Altresì di buon senso sarebbe non votare chi buon senso non ha dimostrato di avere.
Leonardo Pierri,
pronto a entrare nel nostro Staff!
https://leonardopierri.blogspot.it/2013/04/lultimo-baluardo.html
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