Parenti al tavolo. La Fra e la cameriera di Natale
Una ciurmaglia di parenti, tuoi e non, si sta stagliando all’orizzonte.
Li vedi, sei sicura che siano loro, hanno pacchetti, pacchettini, pacchettoni, fiocchi, fiocchetti, coi vestiti belli, il profumo nuovo, l’acconciatura appena fatta, il rossetto un poco sbavato sul dente.
Il tanto desiderato pranzo dell’anno sta arrivando, e tu sei completamente impossibilitata: rimani praticamente immobile mentre ti baciano, lasciandoti anche della saliva addosso, e cerchi di rispondere alle domande tutte insieme.
Ci tengo a precisare che le domande sono per lo più le stesse da quando hai più o meno 6 anni: come va a scuola – l’ho finita, meglio di così non potrebbe andare -, quando ci presenterai il tuo ragazzo – credo mai, si spaventerebbe anche solo vedendovi da lontano -, sono simpatici i tuoi amici – no, di solito li scelgo antipatici, per passare la giornata meglio -, hai imparato a cucinare – sono diventata un gatto, mangio solo scatolette – eccetera, eccetera, eccetera.
Vorresti dare le risposte meno ovvie e più antipatiche del mondo, ma non si può, un po’ perchè stai lavorando, e un po’ perchè è il periodo in cui siamo tutti più buoni. Anche se, ancora non mi è chiaro il collegamento tra il compleanno di uno che non conosco e la bontà globale.
Ci provi, sorridi, rispondi il più educatamente possibile, poi recuperi la tua cravatta rossa, il tuo grembiule e il tuo cavatappi e con il miglior sorriso del mondo ti dirigi verso un altro tavolo, sapendo che la giornata si accorcia di minuto in minuto. L’unica cosa che ti permette di andare avanti è il pensiero degli aperitivi che ti aspettano dopo il lavoro. Un bicchiere di vino bianco sistema anche la peggior situazione.