Rita Levi Montalcini
“L’umanità è fatta di uomini e donne, e deve essere rappresentata da entrambi i sessi”
Chi lo afferma si sente una donna libera, di libero pensiero. Io aggiungo una grande donna libera, che, attraverso il suo pensiero e le sue azioni, ci ha reso ancora un po’ più orgogliose del nostro sesso. Una donna che ha consacrato una vita alla scienza, votandosi per il progresso mondiale, e, con dignità, per più di cento anni, ha sostenuto sé stessa e le sue posizioni, e continua a farlo, dato che è ancor viva e, seppur ultracentenaria, non smette di battersi. Ha abbandonato, per motivi essenzialmente anagrafici, la ricerca sul campo, ma questo non le impedisce di mettersi ancora in gioco in prima persona.
Nel 1986 ha vinto il Nobel per la Medicina, grazie alle ricerche che le fecero scoprire la proteina NGF. Questa stessa proteina ha dato un input alle scoperte per la cura del cancro, ed è ad oggi studiata per trovare risposte a patologie quali il morbo di Alzheimer.
Non ha bisogno di altre presentazioni, lei è Rita Levi Montalcini; oggi vorrei soltanto sfatare il mito che la sua vita si possa riassumere con tale Nobel. Questa scienziata è stata molto di più, come donna e come persona.
Nacque nel 1909 a Torino, da una colta famiglia ebrea. Questo ambiente, da una parte le instillerà, già da piccola, il principio di ricontinua la ricerca riuscendocerca intellettuale, dall’altra la visione vittoriana la relegava ad una condizione subordinata, rispetto alla condizione maschile.
Sfidando le convenienze e il volere del padre si iscrive alla facoltà di Medicina, interessandosi soprattutto al sistema nervoso. Laureatasi con 110 e lode, deve interrompere, causa Leggi razziali di Mussolini, la specializzazione in Neurologia e Psichiatria, per fuggire in Belgio insieme al suo insegnante. In Belgio comincia le sue ricerche, ma sarà nuovamente costretta a fuggire e, fino alla fine della guerra, deve abbandonare gli studi.
Nel ’44 lavora come medico al campo dei rifugiati, rendendosi conto che non è adatta a questo mestiere, perché si sente troppo coinvolta verso i pazienti.
Al termine della guerra finisce finalmente i suoi studi e ricomincia le ricerche. Viene chiamata in America, per un incarico alla Washington University, accetta e, al contrario delle sue aspettative, rimane là trent’anni. In America vive, lavora e instancabile , in contemporanea, a dare il suo contributo anche in Italia, fondando e dirigendo numerosi gruppi di ricerca.
Dal rientro definitivo in Italia, avvenuto nel 1977, ha collaborato come esperta in numerosi team, creandone altri e promuovendo varie iniziative di sviluppo scientifico.
Ma non solo. Spesso la scienziata ha preso posizione in campagne politiche e sociali in cui credeva, sfruttando la sua immagine famosa. La vediamo dunque schierarsi contro le mine anti-uomo, per il movimento di Liberazione Femminile sulla regolamentazione dell’aborto, per la responsabilità sociale degli scienziati, per la fine del proibizionismo, a favore dell‘istruzione giovanile e molti, molti altri.
Durante la sua vita ha ricevuto un gran numero di onorificenze e lauree ad honorem, ma sembra, dalle sue parole, che non potrebbe aver miglior riconoscimento di passare il testimone alle nuove generazioni, con le quali sovente collabora tramite i progetti del CNR.
Sono i giovani quelli che possono e devono dare il contributo al loro paese, sostiene la Montalcini, che ha sempre mantenuto un forte legame con le sue origini. Infatti, seppur atea, e di idee multiculturali, con una parte dei soldi ricevuti per il Nobel, ha finanziato la costruzione di una nuova Sinagoga a Roma.
Nel 2001 è stata nominata senatrice a vita e ha partecipato, anche attivamente, alle riunioni, non esimendosi dal dare la propria opinione, e sostenendo il governo di Romano Prodi.
Per tutto quello che ha fatto per la scienza ed il progresso, ma anche per l’impegno con cui ha portato a termine le sue battaglie e l’esempio positivo che grida dalla sua stessa figura, non posso far altro che dire, Grazie Rita!