Olympe De Gourges
Vesti vaporose e una – probabile – grigia parrucca con boccoli annessi; siamo nella Francia del 1700, non possono esserci dubbi, ma il personaggio che vedete forse non è troppo noto.
Ad oggi rimedieremo.
Nacque nel 1748 nel sud ovest della Francia, era figlia illegittima e fu battezzata semplicemente Marie, che successivamente lei cambiò in Olympe, secondo nome materno.
Sto parlando di Olympe De Gourges che, con tutti i limiti e le critiche associate alla sua figura, di una cosa sono sicurissima, fu donna, e lo fu appieno.
Giovanissima venne fatta sposare a un uomo che non amava, giovanissima rimase incinta, giovanissima fu anche vedova, sola con il figlio Pierre. Si trasferirà allora a Parigi, siamo nel 1770, per garantire a lui una buona educazione, a lui, lo stesso figlio Pierre che la rinnegherà, ormai condannata a morte, per non rovinarsi la carriera militare.
Non è facile sopravvivere nella capitale francese, Olympe si legherà a molti uomini, mai a nessuno in maniera definitiva, che la aiuteranno, anche finanziariamente, e potrà iniziare a frequentare salotti e luoghi di cultura. Nei primi anni si dedica al teatro, che è la sua grande passione, pubblicando numerose commedie.
E qui il diverbio già si apre, accesissimo.
Chi è Olympe? Una prostituta con pochi scrupoli, che sfrutta sugli uomini la gran bellezza per entrare in società, oppure una ragazza madre che fa di tutto per affermare la sua indipendenza e libertà intellettuale? Un’artista o un’analfabeta che detta le sue opere perché incapace a scrivere?
Con l’inizio della rivoluzione i suoi scritti cambiano forma, inizia a pubblicare opuscoli politici con carattere patriottico, proponendo riforme sociali e societarie.
Nel 1788 esce la sua Riflessione sugli Uomini Negri, mentre nel 1791 la sua più famosa Dichiarazione dei diritti della donna e delle cittadina, dedicata a Maria Antonietta e liberamente ispirata alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. Rivendicando la parità politica, sociale e civile dei sessi, Olympe, chiede la possibilità del divorzio e si batte per il riconoscimento dei figli fuori dal matrimonio, propone un sistema di protezione materno e infantile, la creazione di seminari nazionali per combattere la disoccupazione e di alloggi per i meno abbienti.
Sua è la celebre frase «La donna ha il diritto di salire sul patibolo; ella avrà anche il dovere di salire sulla tribuna».
Con quest’opera ottenne l’ammissione delle donne a due cerimonie pubbliche a carattere nazionale “La festa della legge” del 3 Giugno 1792 e alla commemorazione della presa della Bastiglia il 14 Luglio, sempre 1792.
Il suo successo non durerà molto; vicina agli ambienti girondini, l’ala più moderata della rivoluzione francese, e oppositrice aperta di Robespierre, verrà imprigionata e condannata a morte. Rifiuta di tentare l’evasione ma si difende con due manifesti fatti clandestinamente uscire dal carcere.
Fu ghigliottinata nel 1793.
Chiedo nuovamente, questa figura che ha combattuto tutta la vita per affermare il proprio pensiero, e proprio per tale pensiero la vita ha perso, che ha fatto della sua identità e dignità una bandiera sotto cui combattere, che non è associabile appieno a nessun movimento se non a sé stessa, non ha forse il pieno diritto di essere considerata degna icona femminile?
Io credo di sì.