1.4 Pas – I Gradi
The American Journal of Family Therapy, Volume 38, Issue 2 March 2010 , pages 76 – 187
Come si intravede, tutto è ostico nella PAS, anche diagnosticarne il grado è decisamente complicato, Gardner, stilando questa tabella, invitava a non utilizzarla con estrema rigidità. Bisogna considerare “l’impatto” che la programmazione ha avuto sul minore più che “lo sforzo” dell’alienante nella campagna stessa. È necessario anche risalire, a mio avviso, all’inizio della programmazione; se è cominciata (come nel caso su citato) in tenerissima età e quando ancora la convivenza dei genitori era in essere o se ha avuto inizio nel momento della decisione dell’affidamento del minore.
Come è facile comprendere, il livello di PAS più difficile da diagnosticare è quello lieve, trattandosi di una programmazione più sottile e subdola, forse meno evidente ma comunque presente. Dopo Gardner, diversi studiosi tentarono e tentano di comprendere la metodologia corretta per l’interpretazione della PAS, non essendo un calcolo matematico non può esistere una formula perfetta ma certamente si necessita di linee guida precise. Innanzi tutto non si deve incappare in un banalissimo errore: interpretare come PAS ogni “preferenza” che dimostra il bambino e, di rimando, non escludere la PAS davanti ad ogni atteggiamento perché considerata inesistente – non essendo contemplata nel DSM IV – alla fine di questa ricerca sarà palese come la PAS è in realtà il “contenitore” di molti altri disturbi: sarebbe sufficiente individuarne 3 per parlare di PAS. In buona sostanza per cominciare una diagnosi sul livello di PAS è necessario:
• valutare che non si sia al cospetto di una naturale preferenza genitoriale.
• che sia presente un alienante e quindi il rifiuto non sia volontario da parte del bambino.
Pas lieve:
Gardner sosteneva che si definiva lieve quando la manifestazione degli otto sintomi era superficiale. In questo caso, continua, non è necessario consigliare un percorso di psicoterapia ma piuttosto ribadire (anche per mezzo del Tribunale) lo stato di affidamento del figlio, così da “tranquillizzare” l’alienante e non indurlo a procedere nella programmazione.
• Io sostengo invece che, ai primi avvisagli di PAS, generalmente riconosciuti dall’alienato o dalla sua famiglia, anche se lieve, è necessario intervenire immediatamente, così che l’alienante – che vede non aver la giusta presa sul bambino – non abusi ulteriormente e non decida di passare anche a maniere violente.
Pas Moderata:
Secondo Gardner è questo il grado di PAS sul quale si deve intervenire maggiormente. Qui tutti gli otto sintomi sono presenti e in maniera evidente. Il bambino usa scenari presi a prestito, non razionalizza gli atteggiamenti – dell’alienato e dell’alienante – è morbosamente legato all’alienante, rifiuta regali e visite dell’alienato, disprezza il tempo con lui trascorso, l’alienato è sostanzialmente il colpevole e da punire. A questo livello abbiamo anche la possibilità di riscontrare i sintomi della somatizzazione, ansie, attacchi di panico, insicurezza, percezioni distorte e altre a seconda dell’ambiente, familiarità, risposta…
(in seguito dettagli)
• Sostengo fermamente che anche questo, come il successivo grado, siano evitabili!
Esistono segnali lanciati dagli stessi bambini, proprio nel corso delle loro azioni da programmazione. Sottili o plateali ma questi segni sono evidenti. Salvare un bambino dalla programmazione di un alienante è un percorso da fare rapidamente, consapevoli che è cosparso di ostacoli. L’attenzione è, ad oggi, solo a cura del genitore alienato e della sua famiglia: difficile colpevolizzare però quando non vi è questo processo di identificazione; l’alienato è la sua famiglia stanno vivendo un disagio che in qualche modo li priva della “lucidità” necessaria. Ma ribadisco che è fondamentale per tutelare e proteggere il bambino.
Pas grave:
a questo livello il bambino non vuole avere assolutamente nulla a che fare col genitore alienato, come uno specchio prova esattamente quelle che sono le emozioni dell’alienante. Vive in scenari presi a prestito, il suo astio è portato sino al fanatismo. Ha sviluppato un legame simbiotico con il programmatore; giunge ad una vera “folie à deux” per un Disturbo Psicotico Condiviso1. A questo stadio è predominante il programming in totale concomitanza al brainwashing.
Nei casi di PAS grave – ma anche moderata se perpetuata – è previsto un percorso stabilito dal Tribunale
si chiama “Transitional Site Program”2.
In questo stadio obbligare il bambino alla frequentazione dell’alienato può dar vita a violenti episodi di rabbia incontrollata e aggressività, con la probabilità fondata di sfociare in suicidi e/o omicidi. Il rapporto morboso ed esclusivo con l’alienante – Gardner a questo punto dichiara direttamente “la madre” – può portare nel bambino l’insorgere di psicopatologie di stampo paranoide.
• Il Transitional Site Program è a mio avviso, troppo “lento” e colmo di peripezie e pericoli considerandogli interessi delle strutture/casa famiglia che continuano a venire alla luce, di gran lunga prediligo il metodo di Warshak3, il più recente, accreditato, semplice e rapido. Si chiama programma Family Bridges e sostanzialmente “ripulisce” la mente del bambino dalla programmazione in quattro giorni: non che il bambino si liberi della PAS in quel breve lasso di tempo, ma lo prepara/riprepara, ad usare “la sua testa” per pensare.
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1 Definito anche “follia a due, follia indotta o simultanea”, in una coppia o anche tra genitore e figlio. Denota una situazione dove due individui si incontrano nel medesimo piano comunicativo tramite un “reciproco influenzamento delirante”.
2 Allontanamento dal genitore alienante in 6 fasi, supervisionato da specialisti, uscendo dalla casa dell’alienante è impensabile stabilire pacificamente il bambino dall’alienato; si comincia con parenti affini e/o casa famiglia, incontri protetti … insisto che è evitabile con preventivi e funzionali controlli.
3 Dr. Richard A. Warshak; Autore di “divorzio e veleno: Come proteggere la tua famiglia da Bad-contatto con la bocca e lavaggio del cervello” è una clinica, di ricerca, consulenza e psicologo clinico e professore presso la University of Texas Southwestern Medical Center.