SosMaya&LaFra
Venerdì mattina, occhi gonfi dalla settimana, occhiaie già pronte per i giorni successivi. Un caffè al bar quasi quasi me lo concedo. E credo andrò proprio a quel bar con il ragazzo simpatico, che salva l’autostima.
Mi avvio, ciondolante, facendomi largo tra la gente. Com’è che c’è sempre tutto ‘sto casino anche per prendere un caffè? Non mi importa in realtà più di tanto. Il tepore del piccolo locale, già riscalda anche il cuore. Mentre ordino il caffè, però, sento uno strano brivido lungo la schiena. Nell’aria si percepisce un chiaro odore, quell’odore: di naftalina mischiata a cosmetici scaduti da almeno due anni. Le Sciure sono dietro di me.
“Buongiorno, Livia!”
“Oh, buongiorno a te, cara!”
No, vi prego, no. Non fatelo, andate a chiacchierare da un’altra parte, in un altro bar. Non qui. Non sono nemmeno le 9! La soluzione più logica sarebbe stata scappare senza bere nemmeno il caffè, scapicollandomi fuori dall’esercizio commerciale, ma sarei sicuramente caduta rovinosamente nella prima pozzanghera presente. Ordine, coraggio, ed educazione. Forza, non sarà difficile.
E invece è stato difficilissimo.
Mentre cercavo di scambiare due parole col barista – sempre quello che salva l’autostima- , le due arzille signore si sono scambiate gli indirizzi di residenza. E che c’è di male? Che le residenze erano delle rispettive figlie. Queste poverine sono state smembrate, raccontate per filo e per segno, quasi vivisezionate dalla biforcuta lingua delle madri.
“Sai, era tanto brava a scuola la mia Lucia, molto più della seconda, che non ha mai avuto voglia di fare nulla”
“Però è stata fortunata la Betta, ha trovato un bravo ragazzo con tanti soldi, e ora si è sistemata”.
Sistemata, si-ste-ma-ta, S.I.S.T.E.M.A.T.A. Non è innamorata, felice, orgogliosa, con una vita fantastica, sorridente, dei bei bimbi. E’ sistemata.
Afferro la tazzina, con aria perplessa. Mi perdo nel fondo di caffè, fingo di saperlo leggere, e faccio un’ipotetica previsione della giornata a Matteo – il solito barista .
Ci mettiamo a ridere, la menzogna era palese.
Mi ributto nel trafficato marciapiede, col bel freddo pungente sul naso, mentre quelle parola continua a ronzarmi in testa. Il mondo finisce tra meno di un mese, e le care signore, invece di provare droghe di cui non sapevano l’esistenza, si vantano della figlia che ha la migliore “sistemazione”.
Maya, salvateci voi.
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