C’estLaVieDeMilan&LaFra
Ore 7 PM. Metro affollata, persone infilate in tutti gli spazi liberi, appese come scimmie anche alle borse del proprio vicino. Caos tremendo, mal di testa pulsante, urla su urla, musica dalle cuffiette della tizia che hai seduta a fianco, che riesce a sovrastare anche quell’album dei Kasabian che ti volevi ascoltare in santa pace. Santa cosa?
Odori che si mescolano a storie tristi e a colori che insieme non dovrebbero stare nemmeno nel cesto dei panni sporchi. Non può essere solo questo la linea verde alla fine di una lunga giornata.
Ed ecco,infatti, l’elemento sorpresa: un quasi burbero signore, sulla sessantina, sta leggendo un libro completamente assorto, come se tutto il contorno appena descritto nemmeno esistesse. La barba è bianca, la maglia a collo alto beige, il completo verde oliva. Occhiali squadrati, mani talmente grandi da nascondere il titolo del libro, ma non l’autore: Nietzsche. Accidenti.
Se i cani assomigliano ai padroni, i lettori dei libri assomigliano agli autori. Col libro in una mano, la penna nell’altra, il simil professore ha rifiutato, nell’ordine: contatti con le persone, un paio di posti a sedere, il passaggio di un brufoloso adolescente e l’ingresso nella vita reale del post ufficio. Per una buona decina di fermate. La cosa che più mi stupisce è la voglia, l’avidità di conoscenza che spinge questo signore a leggere ogni singola pagina riga dopo riga, lettera dopo lettera, noncurante del ragazzo peruviano dietro di lui che mastica a bocca spalancata delle patatine dalla dubbia provenienza, della milanese a fianco, che urla al telefono l’ultima ricetta sentita dalla Benedetta, e della pirla che gli sta seduta di fronte, cercando di imprimersi nella mente la sua immagine.
Come se da quel libro dipendesse qualcosa di molto importante. Un piccolo tomo, dalle pagine ingiallite, di quelli che sembrano passati tra le mani di tante persone. Di quelli che sembrano avere un buon odore. Il suo bisogno di sapere, di conoscere di più, di imparare ancora, nonostante le sue rughe potessero raccontare tante di quelle cose, che nemmeno in tutta la saga di HP ne sono state dette così tante.
Eppure è lì, in piedi, col giaccone aperto e la borsa che gli cade su un fianco. Imperturbabile.
Scende a Lanza, si mischia tra la gente, con passo cadenzato e tranquillo. L’andatura di chi non è obbligato a correre, perché sa perfettamente dove deve andare. Continuo ad osservarlo, finchè non sparisce dalla mia vista, e penso che sarebbe interessante parlagli, magari per farmi trasmettere un po’ di quella sua pacatezza nei confronti del mondo.
Probabilmente, avrei solo ottenuto una bella denuncia per stalking.
C’est la vie.
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